Quella della moneta fiscale – che non è una moneta vera e propria, ma è un titolo pubblico molto liquido (come i Bot e i Btp) che anticipa e rende subito spendibile il valore delle future entrate fiscali – è un’idea formidabile ed efficace per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia e l’occupazione. Senza generare deficit, e quindi senza uscire dall’euro e provocare una nuova grave crisi.

Per uscire dalla trappola della liquidità – manca la moneta e l’economia è ferma – Micromega da tempo propone con il compianto Luciano Gallino che il governo emetta decine di miliardi di Titoli di Sconto Fiscale (Tsf) che diano diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione (fisco, contributi, tariffe, multe, ecc) dopo due/tre anni dalla loro emissione. Il governo attribuirà i Tsf gratuitamente – ripeto gratuitamente – a 21 milioni di famiglie, alle imprese, e utilizzerà anche i Tsf anche per i pagamenti della Pubblica Amministrazione. Così riparte la domanda interna, la produzione, gli investimenti e quindi l’economia.

Dopo due/tre anni dall’emissione, quando i Tsf potranno essere finalmente utilizzati per pagare le tasse, il Pil sarà cresciuto in misura tale da compensare il valore dei Tsf grazie all’aumento dei ricavi fiscali. L’idea è innovativa ed è apparentemente semplice ma estremamente efficace.

Tuttavia molte monete complementari all’euro sono fallite. Alcune proposte, come quella di Yanis Varoufakis in Grecia, non sono mai effettivamente partite. Occorre quindi progettare con precisione le caratteristiche di una moneta fiscale perché sia praticabile. Purtroppo sembra che queste caratteristiche siano carenti per quanto riguarda il progetto avanzato dal prof. Gennaro Zezza sul blog di Grillo. Zezza propone:

a) una moneta parallela all’euro, denominata in euro ma non convertibile in moneta legale. Ma una moneta non convertibile in euro sarebbe una moneta di secondo o terzo rango: e quindi difficilmente sarebbe accettata dal pubblico come mezzo di pagamento. I ristoranti per esempio non accettano moneta fiscale, ma euro. Oppure accetterebbero moneta fiscale ma con un forte sconto. Una moneta fiscale che vale 100 sarebbe accettata a un valore molto minore, magari 50 euro.

b) La moneta di Zezza è utilizzabile subito per pagare in parte le tasse – per esempio il 20% dell’Iva o dell’Irpef. In questo modo provocherebbe però immediatamente un deficit fiscale del 20% circa, ovvero un mancato incasso dello stato e metterebbe in allarme i mercati. Lo spread salirebbe subito alle stelle.

c) Inoltre questa moneta, secondo Zezza, non verrebbe assegnata ai principali soggetti economici, cioè alle famiglie (per esempio: per un reddito garantito, o per aumentare i consumi finali, che sono essenziali per fare ripartire l’economia). La moneta fiscale verrebbe invece utilizzata solamente dallo Stato per finanziare investimenti pubblici e sgravare le aziende di onere fiscali. Questa moneta rischia quindi di produrre un eccessivo dirigismo statale a favore esclusivo delle imprese, e non delle famiglie e del lavoro.

In definitiva il progetto del prof. Zezza sarebbe squilibrato, provocherebbe subito un buco nel bilancio dello Stato e allarmerebbe i mercati finanziari che chiederebbero un premio maggiore per investire in Italia. Risultato: aumento dello spread e del costo del debito. Considerate queste caratteristiche, a mio parere la moneta fiscale di Zezza non è praticabile e non uscirà mai. E se venisse lanciata potrebbe provocare l’immediata uscita dell’Italia dall’euro, cioè proprio l’effetto che Zezza vorrebbe evitare.

Il progetto promosso da Micromega è assai diverso e articolato.

1) I Tsf devono essere negoziabili sui mercati finanziari e convertibili subito in euro, come i Bot e Btp con uno sconto molto basso (perché i mercati finanziari sono liquidi);

2) I Tsf costituiscono reddito aggiuntivo per le famiglie e generano aumento dei consumi finali e della domanda interna;

3) I Tsf devono essere titoli di stato a maturità differita (due/tre anni), così non genereranno deficit fiscale ma, grazie al moltiplicatore keynesiano, produrranno incremento di Pil e quindi delle entrate fiscali.

4) I Tsf sono assegnati alle aziende le imprese per non squilibrare la bilancia commerciale. La crescita della domanda interna produrrà inevitabilmente un aumento delle importazioni. Se non si taglia il cuneo fiscale, e se le aziende non diventeranno più competitive, allora si produrrà un disavanzo esiziale per la bilancia commerciale.

Articolo Precedente

Google cede al fisco, ma lo ha deciso la giustizia o la legge?

next
Articolo Successivo

La Strategia energetica nazionale di Calenda è inutile

next