Il digitale in Italia? Un disastro: “Siamo ai livelli della Bulgaria, quando dieci anni fa partivamo ai livelli della Scandinavia”, racconta Luca Attias, direttore dei sistemi informativi della Corte dei Conti. Di digitalizzazione, pubblica amministrazione, e-Government e ICT si è parlato oggi a Roma a Dig.Eat 2017, l’evento organizzato dalle associazioni Anorc, Anorc Professioni e Aifag, con la collaborazione scientifica e organizzativa del Digital & Law Department con un format ispirato al film Matrix e con la partnership del Fatto Quotidiano.

“C’è un problema atavico”, prosegue Attias. “Vedo la politica discutere su temi etici, biotestamento e dintorni, mentre gli altri paesi hanno già legiferato. Le forze, tutte, dovrebbero unirsi nella risoluzione del problema: innescando un processo di digitalizzazione nel paese, si aiuterebbe tutto il resto. E invece, per partire dalle basi, abbiamo in Italia il numero di datacenter pubblici che equivale al numero di tutto il pianeta più varie altre unità di grandezza”.

“Il Parlamento oggi, per digitalizzare l’Italia, dovrebbe partire dalle norme, semplificarle, garantire degli standard delle pubbliche amministrazioni e soprattutto favorire una cultura del digitale diffusa”, spiega Andrea Lisi, presidente Anorc Professioni. “E non esiste la digitalizzazione a costo zero. Il digitale farà risparmiare tra 20 anni: ora bisogna investire”.

Per Mara Mucci, deputata di Civici e Innovatori, ex Movimento 5 Stelle, “serve una vision più organica: prima di mettere in piedi progetti costosi bisogna partire dall’inizio, invece si parte da un concetto idilliaco che nel paese non c’è. Il problema delle competenze e della valutazione dei ruoli nei posti strategici è cruciale”.

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