Un calcio all’integrazione e al futuro che avanza. Gianluigi Buffon parla a Kicker, la rivista sportiva più importante di Germania, e sentenzia sull’arrivo di investitori stranieri nel nostro calcio: “La Roma agli americani, le milanesi ai cinesi: povera Italia”. Mentre la Serie A cerca faticosamente di uscire dal suo provincialismo, accogliendo chi ha le possibilità economiche per costruire stadi di proprietà, cercando di rivoluzionare orari e calendari, per adattarsi a un calcio che in altri Paesi si è già aperto al mondo diventando più bello e più vincente, a mettere la retromarcia è proprio il capitano della Nazionale.

“È una sconfitta per il nostro calcio e le nostre tradizioni“, ha aggiunto Buffon. Il portiere della Juventus sembra quasi invocare un’autarchia in stile Trump. Peccato che nel mondo del pallone le proprietà straniere, in caso di operazioni trasparenti e concrete, hanno sempre portato benefici. Tutte le grandi d’Inghilterra ne sono un esempio: dal Chelsea del russo Abramovich, fino alle americane Manchester United e Liverpool, passando per il City dello sceicco Mansour e del governo cinese.  Pure il Leicester dei miracoli, elevato a simbolo di un calcio antico e fiabesco, ha alle spalle soldi thailandesi.

E se ci si sposta in Francia, la musica non cambia: tra le big resiste solo il Lione. In Spagna l’intrusione dell’Atletico di Simeone al vertice è facilmente spiegabile con la presenza in società del gruppo Wang Jianlin-Wanda. Quindi, se il Milan, fino a closing contrario, passerà in mani cinesi, se l’Inter lo ha già fatto e se la Roma è in quelle statunitensi di Pallotta, non è per forza un male. Non sarà un male anche giocare più partite all’ora di pranzo, al di là di quello che dice Sarri, se così potranno godersele anche i fan orientali. Sono i tempi che cambiano, è il mondo che va avanti.

Tanto più che è lo stesso Buffon ad ammettere che il suo più grande sogno è portare la Juventus sul tetto d’Europa, riuscendo finalmente a battere la concorrenza dei top club: “Da anni mi chiedo cosa mi spinga ancora a giocare. Se avessi vinto la Champions League sarei svuotato, il fatto di non averla ancora vinta mi sprona”. Dall’alto dei suoi 39 anni, il portiere sa che sono lontani i tempi in cui le squadre italiane erano un habitué delle finali del torneo e che questa stagione potrebbe essere l’ultima chance: “Questa battaglia interiore mi porta forti motivazioni”.

Nel corso dell’intervista Buffon ha spiegato anche l’unicità del suo ruolo. “Un portiere deve essere masochista. Come ruolo può essere paragonato solo a quello dell’arbitro. Ha il potere di comandare ma può solo subire gol, non può segnare, e deve sopportare offese continue. La psicologia dovrebbe studiare questo ruolo così contraddittorio. Per me fare una papera è uno shock. Ci metto giorni a riprendermi”. Dalle difficoltà sportive a quelle della vita vera, il portiere ha raccontato anche il periodo in cui ha sofferto di depressione: “Fu fondamentale non prendere medicine. Rimasi artefice del mio destino, senza dipendere dai farmaci”.

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