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Mafia Capitale, la verità di Buzzi: “Io e Carminati come Totò e Peppino. Le tangenti? Eravamo di lotta e di governo”

Ricatti, pezzi di storie di un passato grigio piombo che riemerge, potere e soldi, soldi per il potere. È la città che racconta ai giudici l'ex ras delle cooperative, imputato per 416 bis. L'imputato parla della corruzione, ma cerca di attenuare l'aura oscura intorno a lui e all'uomo considerato dai pm di Roma il capo dell'organizzazione
Mafia Capitale, la verità di Buzzi: “Io e Carminati come Totò e Peppino. Le tangenti? Eravamo di lotta e di governo”
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È la melma. Densa, capace di insinuarsi in ogni poro di Roma. È la capitale, infetta, oltre che mafiosa. Ricatti, pezzi di storie di un passato grigio piombo che riemerge, potere e soldi, soldi per il potere. È la città di Salvatore Buzzi, imputato per 416 bis dove, fino a pochi anni fa, l’ex prefetto Giuseppe Pecoraro spiegava “la mafia non esiste, ci sono solo guerre tra bande”. È , in fondo, il ritratto senza pietà di un paese in coma perenne, con una economia fatta più di amici degli amici, di conoscenze e “sistemi gelatinosi” che di eccellenze.

Buzzi è alla terza udienza della sua deposizione fiume. Il suo legale, Alessandro Diddi, lo sollecita, segue lo schema difensivo che punta a smontare, prima di tutto, l’accusa più pesante, l’organizzazione mafiosa. Meglio puntare sui “cialtroni” romani, sul ritratto che il ras delle coop della capitale vuole dare di se stesso e del suo amico Massimo Carminati: “Sembravamo Totò e Peppino, altro che mafia capitale. Erano scene comiche, presidente, mi creda, scene comiche”. Le minacce del “cecato” dirette a Riccardo Mancini, l’amministratore dell’ente Eur che ritardava i pagamenti con le coop e che l’ex Nar voleva “far strilla’ come un’aquila sgozzata”? “Lui, Riccardo Mancini, preferiva dare 10 milioni alla società Condotte e ritardava i pagamenti con noi… Vergogna Mancini, se mi senti, vergogna! Altro che aquila sgozzata di Carminati”, grida, teatrale, Buzzi in videoconferenza da Tolmezzo. Per poi aggiungere la sua interpretazione della frase intercettata, usata dall’accusa per raccontare il sistema del nero Carminati: “Ma io poi… io… gli ho menato eh?”, diceva il “cecato” riferendosi a Riccardo Mancini. “Massimo si riferiva a trent’anni prima – spiega Buzzi in aula – Mancini era stato arrestato per ‘Terza posizione’, lo fecero parlare, ed era quindi considerato all’epoca un infame. Ma parliamo di 30 anni fa…”. Roba di altri tempi. Storie degli anni della banda della Magliana, degli agguati fascisti contro i magistrati, delle bombe e della procura capitolina “Porto delle nebbie”.

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