Il ddl definito “essenziale” che potrebbe mettere in crisi il governo
Tra le novità introdotte nel processo di formazione delle leggi, c’è anche il disegno di legge “a data certa”. E’ una corsia preferenziale prevista per le leggi che prevedono l’iter monocamerale. In sostanza il governo può chiedere alla Camera che il ddl venga iscritto all’ordine dei lavori entro 5 giorni dalla deliberazione del consiglio dei ministri: entro 70 giorni, poi, la Camera deve votarlo. Il criterio per questo percorso, però, è che il provvedimento dev’essere “essenziale per l’attuazione del programma di governo”. Ma se la Camera vota contro quella legge “essenziale”? Non c’è obbligo di dimissioni, specifica il testo della riforma. Ma a livello politico quell’aggettivo “essenziale” potrebbe aprire crisi su semplici ddl su cui il governo non ha posto nemmeno la fiducia.

Non solo. La procedura, se comprende anche il turno del Senato, è complicata e rischia di mettere a repentaglio la puntualità dei 70 giorni. E quindi: se il termine dei 70 giorni è perentorio e per qualche motivo la legge viene approvata al 72esimo o 73esimo giorno, la Consulta dovrebbe dichiarare quella legge incostituzionale? Si riparte daccapo?

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