Il governo britannico ha impegnato 265 milioni di sterline per migliorare i sistemi informatici militari britannici, al fine di difendere il Paese contro i crescenti rischi per la sicurezza. Il Segretario della Difesa Michael Fallon ha dichiarato: “Il cyber-attacco è una delle più grandi sfide alla nostra sicurezza. E’ fondamentale usare il nostro bilancio della difesa e investire in questo programma”.

L’investimento, che supporta il nuovo programma di indagini vulnerabilità Cyber (Cvi), migliorerà le capacità del Ministero nella comprensione dei rischi informatici. Il finanziamento segue un memorandum d’intesa tra il Regno Unito e gli Stati Uniti al fine di collaborare maggiormente insieme per combattere gli attacchi informatici. Il Regno Unito ha avviato anche una collaborazione con la Francia per migliorare la sicurezza informatica nell’ambito dell’accordo di Lancaster House.

L’ultimo piano di investimenti coincide con il lancio nella prossima fase di una misura marittima per un programma di investimenti di 150 milioni di dollari. Creato per migliorare le capacità di guerra marittima, il programma mira a sviluppare droni di sminamento in grado di proteggere il personale militare in ambienti difficili. L’anno scorso il Gchq (Government Communications Headquarters) ha rilevato il doppio dei cyber incidents legati alla sicurezza nazionale, 200 al mese, rispetto al 2014. Sappiamo anche che attori ostili stanno sviluppando e schierando capacità avanzate.

Le minacce al cyberspace sono parte integrante della quotidianità. Hanno oggi forme diverse, diversi scopi e coinvolgono diversi attori. Professionisti della cyber intelligence, attivisti – o hacktivist, data la dimensione in cui operano -, vere e proprie bande criminali possono acquisire informazioni sensibili, attaccare infrastrutture di vitale importanza per il Paese o la privacy dei singoli cittadini.

Le organizzazioni terroristiche che cercano di diffondere la loro ideologia e attirare seguaci in tutto il mondo ora fanno uso delle più recenti tecnologie e piattaforme multimediali di raggiungere un pubblico vasto e costantemente connesso. In queste guerre parallele una menzione speciale meritano gli hacktivisti. Il primo caso di e-ostilità ha riguardato un Ddos che aveva messo fuori uso per una settimana o più il sito ufficiale Hizbullah.

Il Ddos (Distribuited Denial-of-Service) in generale consiste in una tipologia di attacco nel quale gli hacker attivano un numero elevatissimo di false richieste di servizio, provenienti in contemporanea da più macchine e rivolte al medesimo server, consumando le risorse di sistema e di rete del fornitore del servizio. In questo modo le strutture informatiche dell’azienda, dell’ente o del provider affogano letteralmente sotto le richieste incessanti, poiché non più in grado di erogare i servizi per i quali sono preposte, risultando quindi irraggiungibile.

Nei nuovi conflitti è sempre più importante l’integrazione del dominio cibernetico nell’approccio alle armi combinate in modo da poter accelerare il conflitto stesso e prevalere sul nemico. La guerra odierna tende sempre più a una vera e propria convergenza delle armi classiche con quelle tecnologiche legate al cyberspace. Una convergenza utile a capire anche l’evoluzione della minaccia terroristica principale nemico delle sempre più claudicanti democrazie.

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