Sarebbe stata la finalissima, se il voto fosse stato a ottobre (e invece non si sa). La madre di tutte le partite: i partigiani che non vogliono che si stravolga la loro Costituzione calibrata al milligrammo contro i rottamatori che vogliono fabbricare il futuro con semplicità, energia, velocità, forse fretta. Dopo che i renziani di ogni ordine e grado si sono occupati per mesi di cosa decideva, diceva, faceva l’Anpi sul referendum costituzionale, il presidente-segretario mantirenzi smuraglia 1ene la promessa e si concede al faccia a faccia: il sapore è quello dell’evento se non altro perché Renzi che si confronta testa-testa con qualcun altro è un inedito da quando è a Palazzo Chigi. Non bastano le sedie, centinaia di persone restano in piedi. Sono in 4mila a seguire la finalissima Renzi-Smuraglia, nonostante la pioggia, nonostante la materia sia complicatissima.

Alla fine della sfida con Carlo Smuraglia, avvocato ex partigiano, 93 anni eppure un ragazzino, tutti se ne vanno con le stesse idee di prima e d’altra parte nessuno si immaginava una cosa diversa. Ma se Renzi voleva davvero “scrivere la storia dei prossimi anni”, come aveva promesso poche ore prima in televisione, di sicuro non ha smuragliacominciato dalla serata della Festa dell’Unità di Bologna. Smuraglia scandisce, non alza la voce, aspetta il suo turno, se ne frega se qualche ultrà del sì, da così in basso, lo fischia o gli grida sopra. Renzi invece tiene il volume al massimo, arrossisce, si agita sulla sedia, si avvicina e si allontana il microfono come un vocalist. Ricorre all’attacco personale (“Sei stato parlamentare – dice a Smuraglia – perché non hai tagliato i deputati?”). Mette in mezzo beghe da giornaletti di cortile, peraltro già stantie di giorni (“L’Anpi non mi ha difeso quando mi ha attaccato la Gazzetta di Lucca“). Va fuori tema, anzi offtopic come direbbe il suo dizionario twitter: parla di D’Alema (D’Alema, ancora), di Grillo, delle unioni civili, perfino del jobs act (“Dovete dire grazie a chi ci ha creduto”). Bordata di fischi, “parliamo di referendum” scongiurano Lerner e Smuraglia, prima che la situazione trascenda.

Ma Renzi non resiste e alla fine anche lui fa il renziano, come fece la Boschi: elenca gli iscritti all’Anpi che annunciato il loro sì. I partigiani veri, ancora. Smuraglia resta deluso, una volta di più: “E ‘ una cosa di cattivo gusto parlare di quelli che votano sì e di quelli che votano no – dice in un’intervista al FattoTv nel video che segue – non si dovrebbe fare”.

Video di David Marceddu e Giulia Zaccariello

Il merito, il merito, il merito. Sul merito resta più spesso Smuraglia, Renzi è attratto fatalmente dalla propaganda, che non è una parolaccia, ma è un’altra cosa, una cosa da politici. Il presidente dell’Anpi è avvantaggiato, forse, perché ha fatto per decenni l’avvocato. Il presidente del Consiglio è svantaggiato perché è più abituato ai comizi e agli slogan che non alle spiegazioni in punta di diritto. Però entrambi hanno la dote di parlare chiaro, da subito. “Ci schieriamo sul referendum – dice Smuraglia – perché nel nostro statuto c’è come obiettivo la difesa della Costituzione e questa è una riforma che vuole stravolgere il suo spirito”. Del governo e del suo presidente, ribadisce un attimo dopo, non ce ne frega nulla, anche nel 2006 “vincemmo il referendum e Berlusconi è rimasto”. E dall’altra parte il segretario del Pd parla di questo confronto più o meno come se fosse benedetto dal cielo perché bisogna togliere di mezzo “molte falsità”. “Si può votare sì, si può votare no. Ma dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro per il popolo italiano”.

Il punto forte di Smuraglia è che “abbiamo perso molto tempo per una riforma fatta male”. Quello di Renzi è il solito: finora nessuno aveva mai fatto nulla e la riforma snellisce il corpaccione delle istituzioni dai “barocchismi” (dice così) e taglia un po’ di posti e di costi dei politici. Smuraglia spara all’articolo 70, ormai cavallo di battaglia del no: “Ve lo leggo” dice serio alle 22,31. A Lerner per poco non viene un coccolone: “No, vorremmo chiudere alle 11!”. Poi mira al Senato, “svirilizzato” lo chiama, “con pochi componenti, che sono non elettivi ed eletti non si sa come”. Ricorda che c’è una legge che prevede che i prof universitari vadano in aspettativa se eletti, mentre sindaci e consiglieri farebbero il doppio mestiere, “a mezzo tempo come si dice in Toscana”: Renzi non è l’unico toscano sul palco, Smuraglia ha vissuto parecchio a Pisa. Vuole smascherare quelle che gli sembrano specchietti per le allodole: ”Come si può incoraggiare la partecipazione aumentando da 50mila a 150mila le firme per leggi di iniziativa popolare?”.

Renzi replica che il referendum “riduce le poltrone, non gli spazi di democrazia”, in un Paese “con un eccesso politici e poca politica”. Di giochi di parole ne ha per tutti i gusti. Quando Smuraglia ricorda la forma scritta della nuova Costituzione – che fa venire il fiatone – lui fa il pieno di applausi dei suoi, sottolineando con sollievo che almeno “dalla crisi della democrazia si è passati alla crisi dell’ortografia”.

Se le danno, infine, soprattutto sul bicameralismo. “Non lo volevano paritario né la Dc né il Pci, cari amici e compagni” occhieggia il presidente del Consiglio. “Non si creano più due Camere, una viene ridotta quasi allo zero – risponde Smuraglia – Se si vuole ridurre il numero dei parlamentari si fa un’operazione trasversale, si riduce il numero sia alla Camera sia al Senato. Invece qui si tagliano solo 200 senatori. I deputati rimangono 630. Se si vogliono togliere poltrone, togliamole un po’ dappertutto”. Renzi replica come se davanti avesse Brunetta, o Fraccaro: “Pensi che sia stata una cosa semplice fare quello che per anni si è solo promesso e mai realizzato? Non ho memoria di tuoi atti parlamentari in cui hai proposto di dimezzare il numero dei parlamentari”. Ma l’arma della rottamazione stasera è spuntata. Al galantuomo di 93 anni, che combatte per una volta di più solo perché ci crede e non perché vuole una poltrona, della politica dei partiti gliene importa zero. Con lui, non può attaccare.

Gli applausi e i fischi si dividono equamente, non sono un metro di giudizio da tenere di conto in un confronto che sul palco è stato più civile di come vivono e vivranno la campagna elettorale le rispettive basi: da tifosi. Ci sono quelli del sì con i cartelli e gli slogan, nonni e nipoti insieme, ci sono quelli del no con il fazzoletto tricolore al collo, nonni e nipoti insieme. La claque di Renzi contesta Smuraglia fino a fischiare – forse per caso – anche quando cita Calamandrei, che alla Festa dell’Unità dovrebbe avere come minimo delle gigantografie. In un’altra occasione Renzi fa l’ospite, mantiene la forza di esibire il suo fair play. Interrompe Smuraglia per zittire qualche verso bovino che proviene dalla folla. “Abbiate il rispetto di ascoltare il presidente dell’Anpi” dice al microfono. E che cavolo (o forse peggio), conclude fuori dal microfono. Ma anche qui Smuraglia, l’ex combattente, non fa un plissé: “Non c’è problema. Non mi ha mai tolto la parola nessuno”.

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