Il sistema delle valutazioni professionali ai fini delle progressioni di carriera dei magistrati in Parlamento? Da rivedere: “Esamineremo presto la questione”, dice. Le toghe che si danno alla politica? “Meglio se non lo facessero, difficilmente i magistrati si rivelano dei buoni politici”. Non ha peli sulla lingua Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm). Che non risparmia critiche neanche sul fronte dei troppi incarichi che le toghe si assegnano: “E’ evidente che ci sono un sacco di magistrati che invece di stare nelle aule di giustizia fanno altri mestieri”. Così come sugli uffici giudiziari a rischio default e sul rapporto complicato con il governo su temi caldi come quello della prescrizione. Parole chiare anche sul generale stato di salute e sugli umori della categoria. Uscita provata dagli scandali che l’hanno recentemente coinvolta. “Sono orgoglioso di appartenervi – afferma Davigo –  Siamo un corpo sano. Se i nostri rubano, li mettiamo dentro. Se la politica fosse capace di riprovare allo stesso modo certe condotte, il rapporto con la magistratura si svelenirebbe”.  La questione delle valutazioni di carriera delle toghe in Parlamento. Davigo ha seguito con attenzione l’inchiesta condotta sul tema da ilfattoquotidiano.it. Articoli che hanno provocato importanti prese di posizione come quelle del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm), Giovanni Legnini.

Presidente Davigo, ma è giusto secondo lei che i magistrati, pure se da anni parlamentari, vengano valutati a fine di carriera come se non avessero mai lasciato le aule di giustizia?

Dobbiamo approfondire la questione che è di per sé molto complessa. Le opinioni su questa vicenda sono molto diverse: c’è chi dice che impedire le valutazioni di professionalità per le toghe in Parlamento equivarrebbe a discriminarli. E chi invece pensa non sia giusto che anche a loro si applichi lo stesso meccanismo di valutazione a cui sono sottoposti gli altri magistrati.

E cosa ne pensa dei tanti fuori ruolo autorizzati dal Csm? Sembra ci sia una volontà di fuggire dalle aule di giustizia. Non è il segno di una disaffezione dei magistrati nei confronti del servizio che deve essere reso ai cittadini?

Una cosa per volta. Gli incarichi fuori ruolo si dividono in due categorie: quelli relativi ad incarichi di giustizia o a funzioni comunque giurisdizionali, anche all’estero. E non trovo la cosa affatto riprovevole. Diverso è il discorso del loro impiego in altre amministrazioni: è evidente che un sacco di magistrati fanno altri mestieri. Poi c’è un’altra questione ancora che è quella dei magistrati impegnati in politica. Io sono dell’opinione che non debbano fare politica mai. Se uno per tanti anni opera in base al criterio di competenza e al riparo dalle guarentigie difficilmente potrà essere un buon politico. Poi certo ci sono i geni universali come Leonardo da Vinci che eccellono in ogni campo.

Quindi lei impedirebbe ai magistrati di candidarsi?

I diritti politici si tolgono solo ai delinquenti: i magistrati non dovrebbero fare politica per una scelta etica personale, per la consapevolezza dei loro limiti.

Torniamo alla questione degli incarichi. Non pensa che la giustizia sia in sofferenza anche per questo?

Guardi, abbiamo una scopertura di organico di almeno 1.000 unità, 450  a causa dell’abbattimento dell’età pensionabile su cui, non le nascondo ci sono opinioni contrastanti all’interno della stessa magistratura. Dopo di che mi pare assolutamente inaccettabile che si lasci credere che se la giustizia è allo sfascio è colpa dei magistrati fannulloni. La nostra produttività è pari al doppio di quella dei colleghi francesi e al quadruplo di quelli tedeschi.

Questione morale. Il 2015 ma anche l’anno in corso hanno segnalato diversi scandali che hanno visto coinvolti magistrati.

C’è una percentuale ridotta di magistrati che hanno comportamenti poco commendevoli. E che puniamo con estrema fermezza, cosa non da poco in un Paese in cui tutti fanno quadrato a favore dei loro. E anche il nostro disciplinare è tutt’altro che blando: ogni anno la procura generale iscrive in media 1.400 procedimenti su un totale di 9.000 magistrati. E quando arriva la condanna essa lascia per sempre traccia nel curriculum del magistrato che la subisce, senza possibilità di riabilitazione.

Non pare che questo abbia evitato gli scandali che anzi sembra aumentino anziché diminuire. E’ una scia lunga quella che va da Palermo e arriva fino alle porte della Cassazione

E’ proprio per questo che, a differenza di come farebbe la Casta, noi vogliamo dare un segnale chiaro: abbiamo nominato i nuovi probiviri dell’Anm, che non è solo un sindacato. Ma per legge ha dovuto approvare un codice etico che la rende custode dell’etica dei magistrati su cui non si può transigere: la mia opinione è che non dobbiamo attendere le sentenze o le iniziative disciplinari che competono alla procura generale, al ministro della Giustizia e per altri versi al Csm. Un fatto può anche non essere reato ma essere comunque una violazione del codice etico che può dare luogo alla sospensione e persino alla espulsione dalla nostra associazione. Perché il rischio della riprovazione della categoria è sempre lo strumento più forte per mantenere comportamenti corretti.

Mi scusi, non mi risulta che recentemente qualcuno sia stato espulso dall’Anm. Eppure gli spunti non sono mancati. Parliamo chiaro, facendo esempi concreti, nomi e cognomi

A proposito del caso Palermo siamo tuttora in attesa degli atti dalla procura di Caltanissetta che dice che non sono ostensibili. Il che impone una riflessione a tanti mesi dai fatti che hanno coinvolto i magistrati, Silvana Saguto in testa. Bisogna agevolare il lavoro dei probiviri e credo che non occorra attendere gli atti anche perché l’interessato li ha o li può avere e quindi può agevolmente difendersi di fronte al collegio. Ripeto: occorre una stretta, anche per quel che riguarda le segnalazioni. Non bisogna aspettare l’esito di altri procedimenti.

Mi dice quali sono stati i deferimenti più recenti? Dai verbali della giunta si evince che è stato deferito agli organi statutari (e cioè ai probiviri) anche il consigliere del Csm, Lucio Aschettino. Finito nel tritacarne delle chat interne delle toghe dopo che dal suo cellulare, utilizzato abusivamente da ignoti, erano partiti alcuni messaggi imbarazzanti

Sono stati aperti una serie di procedimenti e altri ne verranno aperti.

A proposito di Csm, le correnti sono più forti che mai. Si aspettava una reazione così violenta alle sue parole? Mi riferisco alla frase che le è stata attribuita in cui denunciava il malvezzo del ‘uno a te uno a me’

Quanto alla questione delle correnti, la casacca non mi scandalizza se non va a discapito del merito. Quello che è riprovevole è favorire un magistrato anche se meno bravo solo perché la pensa come me. Quanto al resto ho voluto dire che l’unanimità su una nomina non vuol dire necessariamente eccellenza.

Poi c’è la questione del personale amministrativo: pare di capire che siete pronti ad azioni di protesta. Le vostre sollecitazioni sono rimaste inascoltate

Mancano novemila cancellieri. Ci sono uffici giudiziari che ci segnalano scoperture pari al 50 per cento. Il che pone a rischio la stessa apertura degli uffici. Apprezziamo l’annuncio del ministro Orlando sull’intenzione di assumerne mille. Ma gli altri 8.000 mila che mancano all’appello? Credo che non si comprenda fino in fondo che il problema è che la giustizia continua ad essere considerata un costo e non una risorsa. Solo con le multe le ammende, i beni confiscati, il contributo unificato le entrate superano le uscite. Anzi le supererebbero se solo avessimo il personale per riscuoterle.

Sì ma i cittadini continuano a pensare che la giustizia sia in condizioni disastrose

Nonostante la crisi di sistema di cui noi siamo vittime quanto i cittadini, il prodotto che è in grado di offrire la magistratura è di altissimo livello. E perché continui ad esserlo è necessario ripensare alla crisi della giustizia non dal lato dell’offerta come si è fatto negli ultimi 40 anni. E’ la domanda ad essere patologica. E questo perché nel nostro sistema non c’è deterrenza: se venisse introdotto il danno punitivo, un tasso di interesse giudiziale più alto di quello di mercato, ci si penserebbe due volte prima di opporsi o impugnare un provvedimento pur avendo piena coscienza di avere torto. Ho fatto un esempio nel settore civile ma anche nel penale si potrebbe fare molto. Tanti Paesi non certo meno democratici del nostro hanno una serie di meccanismi automatici e di filtri efficaci. Non lo dico io: in Italia il contenzioso è pari a quello di Francia, Spagna e Gran Bretagna sommate insieme. Ci sarà un perché?

Pensa che non sia colpa dei magistrati?

E’ facile farlo credere. Additare i magistrati è stato semplicissimo, questo messaggio è passato. Ma è uno schiaffo inaccettabile: la verità è che c’è una assoluta inadeguatezza delle risorse rispetto agli obiettivi assegnati. Questa accusa e cioè che i magistrati siano fannulloni e poco affezionati al proprio lavoro è grave almeno quanto l’altra di chi ci accusa di agire politicamente. Si tratta dell’accusa più grave per un magistrato. Sono state usate parole come ‘barbarie giustizialista’ usando pretesti palesi.  Il legislatore se vuole affrontare il problema della cosiddetta carcerazione ingiusta deve fare una cosa semplicissima: i presupposti della custodia cautelare devono essere analoghi a quelli necessari per la sentenza di condanna. Finché sono diversi è fisiologico che si verifichino questi casi. Quello che non è fisiologico è che venga travisata la verità per darci in pasto all’opinione pubblica. Noi pretendiamo rispetto: in altri Paesi è impensabile che vengano dette queste cose che sono entrate ormai nel lessico comune.

La barbarie giustizialista è stata evocata recentemente…

Sì, è un’espressione che non è stato solo Berlusconi ad usare.  

Certo se fosse stato Berlusconi a tagliarvi le ferie o ad approvare le norme sulla responsabilità civile dei magistrati sarebbe successa una rivoluzione. Ora approvano pure la nuova prescrizione per salvare i processi che voi non siete stati in grado di fare in tempi ragionevoli …

Mi permetta una premessa: è semplicemente falso dire che l’Europa ci chiedeva una norma sulla responsabilità civile. Doveva passare un messaggio, tutto qui. Sulle ferie è successo lo stesso: doveva passare l’idea che godiamo di privilegi. Ma abbiamo le stesse ferie dei marescialli dei carabinieri.

Vuole dire che non abbiamo un problema neppure con i tempi dei processi?

La premessa è questa: la prescrizione così come congegnata ce l’ha solo l’Italia e la Grecia. Non vogliamo imporre il nostro punto di vista, ma essendo una categoria che svolge una funzione pubblica avremmo gradito essere ascoltati in commissione Giustizia al Senato. Non hanno ritenuto di farlo e ne siamo dispiaciuti. Detto tutto questo, in quella sede istituzionale avremmo voluto dire una cosa semplicissima: siamo d’accordo che la prova è la traccia che un accadimento lascia? Ecco, allora atteso che col tempo le tracce si affievoliscono, una volta che le prove sono acquisite dopo la sentenza di primo grado perché dovrebbe decorrere la prescrizione?

Sì, ma è vero o no che la maggior parte delle prescrizioni avvengono in procura?

Alla procura di Roma ci sono 36mila procedimenti pronti con la richiesta di decreto di citazione diretta mentre la capacità del tribunale di riceverli è pari a 12mila. Ciò significa che è una falsità che la prescrizione dipende dai magistrati. Dipende in larga misura, oltre al fatto dell’irragionevolezza con cui è disciplinata, dalla inadeguatezza delle risorse rispetto agli obiettivi.

Non ha risposto alla domanda sul rapporto con il governo. Gliela rifaccio in altri termini: lei crede che i toni dell’Anm siano stati fin qui troppo bassi?

Io credo che i magistrati siano stanchi di prendere insulti. Se l’Anm si presenta debole o remissiva può sembrare a costo zero insultarla. Bene dunque l’unità, nella diversità, che abbiamo ritrovato. Credo mi si riconosca una certa ruvidezza, ma anche una certa capacità di dialogo interno. Ma non sono indispensabile.  I cimiteri sono pieni di gente che si crede indispensabile.

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