Un allevamento di suini di Amadori in Romagna con decine di topi, flaconi di antibiotici vuoti abbandonati in un cestino, addetti che “durante il recupero per il carico notturno verso il macello non usano buone maniere” e un dipendente che fa pipì dentro l’allevamento. Sono queste le immagini trasmesse dal programma Report su Rai3 nella videoinchiesta di Sabrina Giannini dal titolo “Resistenza passiva”: nella puntata del 29 maggio scorso, è stato infatti affrontato il tema dei batteri resistenti agli antibiotici e quindi agli antibiotici presenti nel cibo. Poche ore dopo la messa in onda, Amadori ha replicato con una nota al servizio televisivo: “L’azienda è sconcertata”, si legge, “per la visione assolutamente parziale e scorretta offerta dalla trasmissione rispetto al suo operato. La redazione di Report è entrata all’interno degli allevamenti illegalmente, senza autorizzazione, ha contattato la nostra azienda solo dopo essere già entrata nella proprietà privata: questa modalità di recupero di documentazione ci è sembrata fortemente scorretta e per questo abbiamo deciso di non rilasciare alcuna intervista”.

La puntata di Report ha affrontato il tema dell’uso dei “farmaci miscelati nell’acqua”, senza i quali, dice Giannini nel servizio, “non sarebbe possibile mantenere in vita migliaia di animali negli allevamenti”. La giornalista precisa di aver chiesto di poter visitare alcune strutture Amadori, ma senza successo. A segnalare presunte violazioni delle norme su igiene e benessere è stata l’associazione “Essere animali”, grazie alla cui collaborazione sono state recuperate immagini provenienti dall’interno delle strutture. La giornalista nel servizio mette in evidenza come “durante il recupero per il carico notturno verso il macello, gli addetti non usano buone maniere”. E continua: “Non sappiamo se questo sia consentito dal regolamento del cosiddetto benessere animale, forse neppure orinare dentro la struttura”. L’allevamento intensivo in Italia riguarda 30 milioni di animali e, secondo i dati rivelati da Report, 1300 tonnellate di antibiotici. “E’ uno dei consumi più elevati d’Europa. Il totale è un giro di affari di 32 miliardi di euro l’anno per la produzione di carne e trasformati, a cui vanno sommati i fatturati delle case farmaceutiche”.

L’azienda Amadori ha replicato punto per punto alle accuse. Innanzitutto viene detto che le immagini sono “vecchie: “Sono state girate”, si legge nella nota, “oltre 6 mesi fa, in una struttura datata compresa all’interno di un piano aziendale di ristrutturazione e che già oggi è completamente ristrutturata. Le riprese hanno in oggetto principalmente un locale isolato rispetto al resto della struttura, destinato al ricovero di animali che hanno manifestato dei problemi, come la legge prevede per ogni allevamento. Sono quindi immagini che non rappresentano in maniera veritiera il nostro sistema d’allevamento”. Per quanto riguarda i topi, continua Amadori, si tratta “di un problema che impegna tutti gli allevatori”: “La nostra azienda investe notevoli risorse per mettere in atto piani di derattizzazione concordati e verificati regolarmente dalle ASL”. Sul dipendente filmato mentre fa pipì nell’allevamento si parla invece di “caso isolato”: “Indagheremo e prenderemo provvedimenti rispetto all’episodio non conforme adottato dall’operatore all’interno dell’allevamento e riverificheremo le procedure di controllo messe in atto per evitare il loro accadimento”.

Amadori rivendica, sempre nella nota, anche un piano di investimenti per adeguare gli allevamenti “ai più recenti standard di benessere animale e di biosicurezza”: “Ribadiamo che sono rispettate le normative europee e italiane, e le strutture sono sottoposte a controlli regolari effettuati da veterinari interni ed esterni all’azienda”. A proposito degli antibiotici invece, l’azienda ribadisce di usarli solo “a scopo curativo, mai preventivo e solo nei casi in cui sia strettamente necessario, individuati in accordo coi veterinari, secondo i limiti e i vincoli imposti dalla vigente normativa”: “In casi di utilizzo di antibiotico”, spiega ancora Amadori, “gli animali vengono avviati alla macellazione solo dopo il superamento del ‘periodo di sospensione‘, cioè il tempo necessario affinché il farmaco sia smaltito prima che l’animale venga avviato alla macellazione e quindi al consumo”.

L’azienda cita anche a sua difesa i risultati del Piano Nazionale Residui (PNR) del ministero della Salute, “piano di campionamento e analisi effettuato dalle Asl con lo scopo di verificare che i farmaci veterinari siano utilizzati correttamente”, che dice come “nelle produzioni zootecniche italiane non ci sono problematiche rilevanti per quanto riguarda residui di antibiotici pericolosi per l’uomo”. Amadori conclude dicendo di essere un’azienda impegnata attivamente nella riduzione degli antibiotici: “Negli ultimi 3 anni ne abbiamo ridotto l’uso nella filiera pollo e tacchino di circa il 50%”.

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