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Severino Antinori, l’autodifesa dalla finestra di casa: “Un complotto del mondo arabo”

Nel corso di un'intervista al programma Pomeriggio Cinque, il ginecologo spiega la sua versione dei fatti. E' agli arresti domiciliari dallo scorso 13 maggio con l'accusa di avere prelevato forzatamente gli ovuli a un’infermiera
Severino Antinori, l’autodifesa dalla finestra di casa: “Un complotto del mondo arabo”
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Un complotto del mondo arabo: così, nel corso di un’intervista al programma Pomeriggio Cinque, si è difeso Severino Antinori, il ginecologo agli arresti domiciliari dallo scorso 13 maggio con l’accusa di avere prelevato forzatamente otto ovuli a un’infermiera.

Affacciato alla finestra della casa romana nella quale ha iniziato lo sciopero della fame, il medico ha spiegato che “è chiaro che si tratta di un evidente complotto. Mi ha calunniato, organizzata dal mondo arabo”. Secondo lui l’infermiera che l’ha denunciato, 24enne di origini magrebine ma cittadina spagnola, diplomata come infermiera e venuta in Italia dalla provincia di Malaga per trovare lavoro, “non è spagnola, viene da Marrakech. Ha ordito una specie di complotto, a dimostrare che queste tecniche sono vergognose, falsando la verità”.

Alla domanda “qual è la verità?”, Antinori ha risposto: “La signora si è sottoposta a tecniche di ovodonazione, con tanto di spiegazione in spagnolo e in arabo. Non era ignara. Ha tentato, io non volevo, mi ha incontrato l’11 novembre in un locale dove si gioca, dove si balla… Sapendo il mio nome… io dico ‘ma come fai a sapere il mio nome?’, e glielo dico in francese, in italiano e in spagnolo. ‘So che lei è molto bravo e vorrei donare gli ovuli’, vabbè…. arrivederci… dopo due ore è nel mio albergo”.

Secondo la denuncia della ragazza, finita nero su bianco nell’ordinanza del gip di Milano Giulio Fanales, Antinori l’ha avvicinata mentre era da sola al tavolo di un ristorante, a Milano, dove era in vacanza, e vantandosi di essere “un medico molto famoso”, le ha proposto di lavorare nella sua clinica Matris offrendosi anche di pagarle un albergo vicino. Da qui la diagnosi di una ciste ovarica, un ciclo di iniezioni per curarla ma che a sua insaputa avrebbe invece stimolato l’ovulazione. Poi la la necessità di un intervento, “pena la ‘esplosione’ dell’utero” e, infine, davanti al suo rifiuto di farsi operare e di firmare il consenso informato, la violenza.

“Non è vero – ha concluso Antinori – che lei è stata forzata, è tutto falso. Il magistrato ha le carte. Violenza di nessun tipo, lei si è auto-lesionata. All’uscita si è fatta male con il bastone, abbiamo 30 prove. Io avrei reagito in modo violento per far dimostrare che lei… che io… sono una persona malvagia. E’ chiaro che lei mirava anche al denaro”.

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