Il 7 maggio alle 15.00 a Roma, in piazza del Popolo il comitato Stop Ttip Italia ha organizzato una manifestazione nazionale per dire no al Ttip, l’accordo di libero commercio che, se passasse, sarebbe un colpo da k.o. sferrato dall’aristocrazia dominante al già tumefatto corpo democratico. A partire dagli anni ’90, grazie alla solita complicità del monoteismo mediatico che per anni ha occultato tali negoziati, le varie lobby internazionali stanno lavorando nella massima segretezza, miranti a trovare un accordo di libero scambio tra Usa e Ue. Il Ttip cioè il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti, è un accordo che si vuole porre in essere per creare la più grande area di libero scambio internazionale, omogenizzando le normative per il commercio di beni e servizi. In sintesi si vogliono abbattere i dazi commerciali.

L’Ue è il maggior importatore di manufatti e servizi, un mercato che gli Usa non intendono lasciare alla Cina. Infatti, l’obiettivo primario del trattato è la volontà degli Usa di frenare l’avanzata dei Brics ma in particolare della Cina che intende alzare il livello tecnologico e qualitativo della propria produzione. Un’offerta che nei prossimi anni sarà in concorrenza con quella europea ma soprattutto statunitense. Obama, pochi giorni fa al Washington Post, ha dichiarato: “Dobbiamo impedire che sia la Cina a scrivere le regole dell’economia”. L’obiettivo del presidente Usa è proprio quello di chiudere l’accordo entro il suo mandato.

Infatti, gli Usa stanno facendo sempre maggiore pressione per concludere il negoziato, un negoziato in salita però, perché, poco alla volta, si sta sbriciolando il muro del silenzio mediatico e sempre più cittadini fanno pressione per scongiuralo. Un recente merito è da attribuire a Greenpeace che ha rilevato i testi segreti del Ttip.  In questi giorni è giunto dalla Francia il no di Hollande anche la Germania frena. E Renzi? Il nostro custode dei poteri forti di certo non poteva porsi contro al negoziato e dopo aver tutelato i petrolieri, salvato le banche e incrementato il numero degli F35 si è pronunciato a favore al Ttip.  Il tutto in contemporanea ai colpi di clava dati alla Costituzione da una riforma scellerata. Insomma un degno epigone del noto pregiudicato di Arcore che in 20 anni di governo non aveva osato tanto.

L’accordo gioverebbe quasi esclusivamente alle multinazionali Usa e molto meno ai consumatori europei. Negli Usa è permessa la sterilizzazione dei polli nel cloro, l’utilizzo di prodotti agricoli geneticamente modificati e l’uso di ormoni nella carne suina e bovina. Ma l’aspetto più inquietante che si evince da questo negoziato portato avanti da grumi di potere economici devoti al dogma neoliberista sarebbe, in caso di ratifica del trattato, della possibilità da parte delle multinazionali di chiamare in giudizio gli Stati in virtù di strumenti di arbitrato che esulano dalla magistratura ordinaria. In altre parole, le imprese transnazionali possono far causa agli Stati che ostacolano il commercio.

Una possibilità concreta dato che già è avvenuta nel 2010 quando la Philip Morris chiamò in giudizio i governi di Uruguay e Australia “rei” di voler tutelare la salute dei propri cittadini intraprendendo campagne antifumo.  La realtà è che il Ttip è l’ultimo tassello di un puzzle imperialista che gli Usa intendono estendere all’intero pianeta. Negli ultimi 40 anni gli Stati Uniti tra le guerre economiche e quelle tradizionali hanno raggiunto un’egemonia a cui non intendono rinunciare. Un progetto di dominio che dopo il 1989 è accelerato in maniera esponenziale rompendo argini geografici ed eroso equilibri sociali, religiosi e ambientali.

La via di uscita da questa grande prigione economica che sta diventando il mondo è in direzione completamente opposta a quella indicata dal Ttip. Vanno costituite piccole comunità di resistenza, una rete di realtà alternative al dogma dominate. La strada da seguire è quella di favorire le economie locali, le piccole aziende, l’agricoltura biologica le produzioni a K0 e non i mega gruppi stranieri che non pagano neppure le imposte in Italia. L’obiettivo è una produzione consapevole, di qualità e sostenibile non dopata da pubblicità ingannevoli che fanno emergere fin dalla giovane età le nefaste fiere della competizione tra simili e della dipendenza dagli oggetti. Per realizzare ciò non bisogna estendere “l’area dei consumatori” ma quella dei cittadini consapevoli. Il 7 maggio è un’occasione.

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