Pericolosi per consumatori e addetti ai lavori, venduti anche sul mercato nero, dannosi per gli animali e fonte ulteriore di smog. Sono diverse le motivazioni che hanno portato molti Comuni a proibire i fuochi pirotecnici a Capodanno. L’ultimo appello lanciato ai sindaci è quello di Francesco Tanasi, segretario nazionale del Codacons, che chiede di vietarli con le ordinanze e invoca un intervento del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Pochi giorni fa, invece, Claudia Maria Terzi, assessore all’ambiente della Regione Lombardia ha invitato i Comuni e le Prefetture a ridurre i botti di fine anno che contribuiscono all’inquinamento. Non c’è nient’altro, infatti, che possa emettere in un tempo così breve un carico di polveri sottili che supera di oltre 8 volte il valore limite. Lo stesso Codacons ha già sottolineato che dai fuochi artificiali “si sprigiona una miscela che provoca reazioni chimiche”. I fuochisti non ci stanno e chiedono a loro volta di essere tutelati. Intanto, in provincia di Napoli, culla della tradizione, c’è chi distribuisce lanterne cinesi da sostituire ai botti di fine anno.

Fuochi banditi da nord a sud. A Cortina quest’anno sono stati banditi persino petardi e mortaretti. Non solo per la sicurezza delle persone ma anche per il benessere degli animali. Per la stessa ragione a Sulmona il divieto è stato imposto nelle zone degli ospedali e del canile. A Lucca niente botti fino allo scoccare della mezzanotte, tanto per limitare i danni. Provvedimenti sono stati presi anche a Bologna, in Abruzzo e in molte località della Liguria. Al Sud le misure di prevenzione non sono da meno. A Bari, il sindaco ha vietato la vendita dei fuochi da parte degli ambulanti, mentre a Messina non sarà consentito l’uso di botti fino al 10 gennaio. E a Napoli ‘patria’ dei botti? Tra i primi a porre il divieto assoluto è stato il sindaco di Casamarciano (Napoli), Andrea Manzi, che ha bandito fuochi d’artificio e petardi a San Silvestro, suggerendo l’alternativa delle lanterne cinesi, messe a disposizione dalla stessa amministrazione. Il sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, ha vietato l’utilizzo di prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo. E per sottolineare qual è la politica comunale sull’argomento, la città è stata tappezzata di manifesti con l’immagine di un bambino e con la scritta ‘Il Futuro è nelle tue mani, non bruciare la tua vita’. Nella vicina Portici è vietata la vendita di botti anche agli ambulanti autorizzati. No anche ai giochi pirotecnici.

Il mercato nero. Gli ultimi dati sul mercato dei fuochi artificiali li ha presentati nei giorni scorsi l’associazione “FareAmbiente” che, attraverso un’indagine realizzata dall’Ufficio Studi e ricerche, rivela l’esistenza di “un mercato illecito che fattura più di quello legale”. Fatturano 100 milioni di euro l’anno le piccole fabbriche – tra le 250 e le 300 – che impiegano circa mille lavoratori. Secondo i dati dell’Inail, in Italia il settore conta meno di 300 aziende (circa 500 dipendenti). A queste vanno aggiunte proprio quelle non censite: almeno un altro 30 per cento da sommare a quelle regolarmente registrate. Secondo l’indagine il 56 per cento degli italiani acquista fuochi non a norma, mentre il 46 per cento sa che sono pericolosi ma pensa di poterli usare ugualmente.

I dati sugli incidenti. Secondo l’Inail dal 2007 al 2010 sono stati 66 gli infortuni sul lavoro (11 dei quali mortali) nel settore. Dal 2000 ad oggi si sono verificati una ventina di incidenti mortali in aziende che producono fuochi d’artificio e, in molti casi, le vittime sono parenti, perché si tratta di aziende a conduzione familiare, spesso del Sud. Il 13 maggio di quest’anno è accaduto nei pressi di Giugliano (Napoli): tre morti e quattro feriti nell’esplosione della fabbrica ‘Pirotecnica dei fratelli Schiattarella’. Dieci, invece, le vittime dell’esplosione della fabbrica ‘Bruscella’ di Modugno (Bari), avvenuta il 24 luglio scorso. Poi c’è il bollettino da guerra che ogni anno si registra la notte di San Silvestro. Lo scorso anno, secondo i dati della Polizia, sono stati 251 i feriti. L’anno prima 345. Maglia nera a Napoli e alla Campania con 71 persone finite in ospedale, 48 delle quali nel capoluogo.

Il dibattito e i fuochisti. ‘FareAmbiente’ si è dichiarata non contraria “a una tradizione quasi millenaria”, ma presentando i risultati dell’indagine ha suggerito una soluzione: “Anziché fare ordinanze di tipo repressivo che finiscono con il favorire il mercato dell’illecito, i sindaci individuino siti idonei dove poter eseguire spettacoli pirotecnici”. Nel frattempo l’Associazione Nazionale Imprese Spettacoli Pirotecnici ha chiesto, a sua volta, ai prefetti di limitare i divieti: “L’arbitraria sovrapposizione di prescrizioni amministrative a norme statali determina una ricaduta inevitabile sulle libertà individuali garantite costituzionalmente”. In queste ore si anima il dibattito in Campania, dove la tradizione è particolarmente sentita. L’Associazione minute vendite fuochi d’artificio (in rappresentanza di gran parte delle 87 rivendite autorizzate di Napoli e  provincia) pone l’attenzione sulle ricadute economiche sulla categoria “circa 500 famiglie che sopravvivono alla crisi solo grazie ai ricavi di Capodanno”. Eppure, sempre a Napoli, fa riflettere l’iniziativa dell’Università degli Studi ‘Federico II’, scesa in campo contro i botti illegali e accanto a istituzioni, associazioni e volontari con l’hashtag #noaibottidicapodanno.

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