Il 2015 è stato l’annus horribilis per il risparmio e il 2016 non promette niente di buono, vuoi per l’entrata in vigore dal 1 gennaio del famigerato bail-in, vuoi perché non si è risolto il problema dei 200 miliardi di sofferenze che pesano sui conti delle banche italiane e che rischiano di far saltare altri istituti. Dopo le botte prese dagli azionisti di Veneto Banca e di Popolare di Vicenza (a primavera, con la quotazione in Borsa, arriverà il saldo), e dopo l’integrale azzeramento dei risparmi di azionisti e obbligazionisti delle quattro banche salvate dal governo con il decreto del 22 novembre (Popolare Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti), la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema bancario, della vigilanza e del governo è ridotta ai minimi termini. E proprio la mancanza di fiducia unita alla normativa sul bail-in rischia di determinare un aggravamento della situazione degli istituti più deboli e meno patrimonializzati che da un lato rischiano la fuga in massa della clientela e, dall’altro, si troveranno a dover sostenere costi di raccolta più elevati rispetto agli istituti di maggiori dimensioni proprio perché presentano un grado di rischio più elevato. Posto che per i clienti non sarà semplice fuggire, perché la maggior parte di queste banche non è quotata, così come non lo sono molte delle loro emissioni di obbligazioni subordinate e di obbligazioni senior (dal primo gennaio anche queste ultime saranno soggette al bail-in).

Quanti altri miliardi di euro andranno in fumo nel 2016 e di chi sarà la responsabilità? Dell’Europa o di un governo che non è stato in grado di tutelare gli interessi nazionali e il risparmio delle famiglie durante le trattative sulla direttiva europea che ha introdotto il bail-in? Il tentativo di recuperare la fiducia dei risparmiatori traditi con l’istituzione del fondo di solidarietà da 100 milioni di euro, poi, rischia di trasformarsi nell’ennesima fregatura. Se i risparmiatori sono stati truffati hanno diritto a riavere i loro soldi, oltre agli eventuali danni provocati anche dall’omessa vigilanza di Banca d’Italia e Consob. Con il fondo, invece, il governo vuole minimizzare l’impatto di questa vicenda con pochi spiccioli. Tuttavia, già si rischia di scadere nella farsa dato che l’istituzione del fondo è stata sì deliberata ma rinviando a futuri decreti tutte le questioni pratiche.

Tra queste anche quella non di poco conto di chi valuterà caso per caso le richieste di rimborso dei risparmiatori. Il premier Matteo Renzi ha indicato nel presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone la figura più adatta a gestire questo processo, perché autorevole e in grado di garantire terzietà rispetto alla Consob, al centro delle polemiche per l’omessa vigilanza sulle modalità di collocamento di azioni e obbligazioni subordinate. Anche in questo caso, però, siamo solo all’effetto annuncio: all’Autorità nazionale anticorruzione non è stato ancora attribuito alcun potere e il presidente della Consob Giuseppe Vegas fa subito fuoco di sbarramento. “Naturalmente noi siamo pronti a collaborare con l’Anac – ha detto Vegas in un’intervista al Messaggero -, ma non sarà facile rimuovere le sovrapposizioni che fatalmente si creeranno se la nuova norma (quella sugli arbitrati che deve appunto essere ancora emanata, ndr) non combacerà alla perfezione con le leggi vigenti”. La questione secondo Vegas si può porre qualora la Consob nel corso delle indagini sulla vendita dei bond subordinati giungesse alla conclusione che i comportamenti esaminati sono da sanzione e l’Anac arrivasse invece alla conclusione opposta. E viceversa. Cosa accadrà a quel punto? Impossibile rispondere ora, dato che le norme non sono ancora state emanate. Certo è che i tempi per i risparmiatori truffati rischiano di allungarsi a dismisura. E tempi molto lunghi si prevedono anche per le cause risarcitorie e le class action che stanno promuovendo le associazioni dei risparmiatori.

Intanto nei giorni scorsi è continuato il rimpallo delle responsabilità, governo e presidenza della Repubblica hanno ribadito la loro fiducia nella Banca d’Italia, il governatore Ignazio Visco ha rilasciato interviste in televisione e sulla carta stampata per ribadire la correttezza dell’operato di Via Nazionale, ma si è guardato bene dal rispondere all’unica domanda che mette a nudo inequivocabilmente le responsabilità delle autorità di controllo nella truffa che si è consumata ai danni dei risparmiatori. Per quale ragione la Banca d’Italia non ha mai imposto la lettura di una propria missiva all’assemblea degli azionisti di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca per metterli in guardia sulle modalità arbitrarie con le quali i loro consigli di amministrazione fissavano anno dopo anno il prezzo delle azioni? Perché negli anni scorsi, quando la situazione appariva già deteriorata, non è stata fatta leggere una lettera nel corso delle assemblee dei quattro istituti ora salvati a spese (anche) dei risparmiatori per informarli che le obbligazioni subordinate non erano uno strumento d’investimento adatto a loro? Quest’azione era ed è nei poteri della Banca d’Italia (e anche della Consob). Non averla intrapresa equivale ad aver compiuto una precisa scelta di campo: lasciare carta bianca alle banche e ai loro amministratori senza neanche mettere in guardia le famiglie. Più che di omessa vigilanza sarebbe meglio iniziare a parlare di complicità.

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