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Porca da Murça! No… dico, non è una bestemmia, è il nome del vino bianco brasiliano contenuto nella bottiglia che ci siamo scolati io e Padre Renato, appena tornato da una missione massacrante nel Nordest del Brasile. Spiego chi è Renato per chi dovesse storcere il naso davanti a un prete e anche per tutti gli altri.

Renato Chiera nacque a Mondovì, in Piemonte, 73 anni fa, ma si trova da 40 in Brasile, dove inizialmente avrebbe dovuto fare solo, come molti altri uomini di chiesa, il sacerdote. Ma pochi anni dopo, resosi conto della situazione, si mise a occuparsi concretamente dei bambini e dei ragazzi abbandonati della famigerata e pericolosissima “zona norte” di Rio. Organizzò un capannone per accoglierli, che divenne poi una casa la quale oggi si è trasformata in un grande complesso chiamato Casa do Menor, con succursali in altre città del paese. Ma la storia è lunga.

Renato è un fuoriclasse, laureato in filosofia. Ha scritto diversi libri sul tema del disagio infantile e adolescenziale in Brasile. Libri terribili, come “Presenza” e “Dall’inferno un grido per amore”, di cui avrò modo di parlare. Ha una visione profonda, personale e, oserei dire geniale, di quella che è la situazione di abbandono dei minori in Brasile, ma anche in tutto il resto del mondo, compresi i paesi ricchi. Le sue posizioni radicali nei confronti dell’aiuto sociale e della stessa chiesa gli valsero addirittura, anni fa, una scomunica ad opera del Cardinale Bertone. Una garanzia di qualità. Poi venne reintegrato. Il discorso è lungo e meriterebbe un approfondimento che mi ripropongo di fare in prossime occasioni. In tutti questi anni ha lottato profondamente per aiutare giovanissimi in situazioni terribili. Sono quasi 100.000 le persone che sono state sostenute dalla Casa do Menor in 30 anni di attività. Ma veniamo al dunque.

Si dice indignato per la situazione di abbandono di tantissimi bambini e ragazzi in tutto il Paese. Mentre i governi si preoccupano moltissimo di arricchire ulteriormente i già ricchi, in tutto il Brasile è un dilagare di cieca violenza, droga e prostituzione. Nel suo viaggio ha incontrato grandi persone, come diversi uomini di chiesa che si adoperano nel fare il possibile per creare comunità che possano dare rifugio ai bambini. Ma nel complesso la situazione è tragica e la chiesa, per usare le sue parole, è ferma, piegata alla legge della violenza. C’è anche chi approfitta della situazione per fare soldi, come un prete, con tanto di abito talare che è stato capace, con il denaro delle offerte, di costruire nel mezzo del nulla nientemeno che un castello, che poi ha venduto al comune per garantirsi una lauta pensione. Il castello oggi è diventato una cracolandia. Un luogo, come ormai innumerevoli altri in Brasile, dove vanno a celebrare la loro lenta fine i viziati di crack brasiliani.

Mi racconta che mentre celebrava una messa nella città di Aracaju sono state uccise quattro persone, più una il giorno dopo. Ha poi visitato una comunità di ex-detenuti costretti a portare le cavigliere di segnalazione, abbandonati a se stessi, i quali non possono nemmeno uscire di casa per procurarsi il cibo. Le carceri sono alla fine dei conti piene di ragazzi e uomini che hanno patito l’assenza del padre e dove vengono educati, se così si può dire, all’odio e alla violenza. Università del crimine con corsi di odio e pubbliche relazioni criminose. Posti dove in spazi da 60 persone ne vengono accolte 400 tra i rifuti.

È endemica, nella società povera brasiliana, l’assenza di una figura maschile nella famiglia. Le donne vengono ingravidate e poi, abbandonate, sono loro che crescono (per modo di dire) da sole i figli, spesso costrette a prostituirsi per tirare avanti. La prostituzione è endemica. Addirittura in alcune città nelle quali si va sviluppando il turismo religioso, nelle stagioni in cui viene celebrato il santo locale aumentano le prostitute e beneficio dei “pellegrini”. Le meretrici sono tutte contente, e ne hanno ben donde, poiché così si sopravvive.

È diffusa una rabbia profonda e generalizzata che nasce dall’eliminazione psicologica e sociale dei bambini fin da quando sono piccoli. Nessuno li vuole. I ragazzi sono arrabbiati, dicono: “Io elimino poiché sono stato eliminato”. La vita media è breve in un mondo regolato, alla fine dei conti, dalle leggi interne delle gang del narcotraffico, sempre in guerra tra loro per ragioni di business o di orgoglio. Basta guardare in faccia la donna di un capo per essere condannati a morte, spesso bruciati vivi. Persino i suicidi sono in aumento nell’interno del Paese, anche tra gli indios, molti dei quali ormai spezzati da decenni nella loro identità.

Le guerre tra bande si scatenano per dimostrare chi è più forte e per sfidare la polizia, corrotta, che odia tutto e tutti. Gli sbirri, se non vengono pagati dai trafficanti, li uccidono. I cittadini comuni pagano a loro volta la polizia per proteggere più che altro i loro averi. Tutto è basato sul possesso e sulla difesa di beni, non di persone. Le cose, valgono più delle persone, per non parlare dei diritti umani, un lontano ricordo.

È sorta addirittura l’abitudine, tra i giovani narcos, di filmare gli omicidi, prima, durante e dopo l’esecuzione e poi mandare via WhatsApp il filmato ai nemici o addirittura alla polizia, in segno di sfida. Sono arrivati a mandare i filmati delle esecuzioni e torture in diretta nel web, con i condannati terrorizzati che chiedono pietà.

Un orrore che, secondo Renato, deriva da una ormai incancrenita mancanza di accettazione di uno dell’altro e di amore. Dal non riuscire ad essere figli. La non accettazione – dice Renato – è un aborto quotidiano.

Un orrore non dissimile da quello del terrorismo, anzi, forse molto peggio, visto che i morti qui sono molti di più. Riteniamo che la matrice ultima di tutto ciò possa essere proprio la stessa. Mi riservo di dare ulteriori approfondimenti nel prossimo post.

Un orrore che, sempre secondo Renato, può essere vinto, qui come altrove, non certo dalla cieca violenza che alimenta il business, ma solo da una mistica che abbia il suo punto focale nell’accettazione di sé e degli altri e nella presa di coscienza di ognuno di essere figlio dell’Universo.

La violenza, le strategie militari e di polizia, la repressione, qui come altrove, sembrano essere per i governi e le polizie, l’unica soluzione. Vengo attaccato, attaccherò a mia volta. La stessa identica politica dei piccoli delinquenti dimenticati da tutti. Purtroppo queste politiche, che i cinici considerano l’unica strada, non hanno fatto altro che portare le società sudamericane sull’orlo del baratro, e quelle europee e americane preda del terrore.

Se realmente non ci fosse altra via di uscita, come i pessimisti e i “razionali” pontificano, il futuro sembra essere già scritto e l’umanità condannata a non far altro che osservare impotente il proprio lento declino.

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