Quattro palestinesi morti e almeno 150 feriti. Questo, secondo il ministero della Sanità palestinese, il bilancio degli scontri con le forze di sicurezza israeliane nei Territori in quella che Hamas ha ribattezzato la ‘Giornata della Rabbia’ contro lo Stato ebraico. Due persone hanno perso la vita nella Striscia di Gaza, scrive l’agenzia palestinese Maan. Yahiya Abd al-Qader Farhat, 24 anni, e Mahmoud Hatim Hmeid, 22 anni, sono stati uccisi durante una manifestazione nell’enclave. Un terzo palestinese, Eyad Khalil Awawdeh, di 26 anni, è stato ucciso dopo aver accoltellato un soldato israeliano nell’insediamento di Kiryat Arba a Hebron. Ma è stata una giornata di tensioni anche in Cisgiordania. Jihad Hanani, 19 anni, è morta per un proiettile alla testa sparato dalle forze israeliane a Nablus, dove centinaia di palestinesi poche ore prima avevano dato fuoco alla tomba di Giuseppe, luogo sacro per ebrei, cristiani, musulmani che già in passato era stato oggetto di attacchi da parte di gruppi palestinesi, tornati oggi sul luogo di pellegrinaggio, che è sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese.

Un episodio che arriva dopo gli attentati e gli accoltellamenti dei giorni scorsi e dopo la proclamazione per oggi della Giornata della collera, condannata dal presidente palestinese Abu Mazen. Esprimiamo, ha detto, “rifiuto assoluto di questi atti illegali. Offese – ha detto citato dall’agenzia palestinese Wafa – alla nostra cultura, religione e morale”. Dura la reazione del governo israeliano, che ha parlato per voce del ministro Uri Ariel (del partito nazionalista Focolare ebraico): “Gli stessi palestinesi – ha detto –  mentre mentono sfrontatamente quando denunciano un asserito cambiamento da parte nostra dello status quo nel Monte del Tempio (Spianata delle Moschee, ndr), a loro volta profanano e bruciano un luogo sacro all’ebraismo”.

Secondo il portavoce dell’esercito israeliano Peter Lerner “l’incendio e la profanazione della Tomba di Giuseppe sono una flagrante violazione e una contraddizione del valore fondamentale della libertà di culto“. E ha aggiuto: “Le forze di difesa israeliane prenderanno tutte le misure per portare gli autori di questo atto spregevole di fronte alla giustizia, per riportare il sito alla sua condizione precedente e per garantire che la libertà religiosa venga ripristinata”.

La storia della Tomba di Giuseppe – Secondo una tradizione di epoca bizantina, sotto ad una grande pietra riposano le spoglie di Giuseppe. Si tratta del figlio di Giacobbe e di Rachele che, nel racconto biblico, divenne influente consigliere del Faraone d’Egitto. In punto di morte espresse la volontà di essere sepolto nelle terre della famiglia a Sichem (la attuale Nablus). Ed in effetti, secondo la tradizione, Mosè ordinò che le sue ossa fossero riportate nella Terra d’Israele, quando gli ebrei fuggirono dall’Egitto.

In seguito alla guerra dei sei giorni (1967) la tomba è tornata ad essere frequentata da fedeli ebrei in numeri crescenti e nell’edificio vicino è stato aperto un collegio rabbinico.
Ma con gli accordi di Oslo (1993), Nablus ottenne lo status di città autonoma palestinese e la Tomba rimase al suo interno come “enclave” aperta al culto ebraico. Da allora, nei momenti di maggiore tensione politica, il santuario è stato oggetto di attacchi (anche cruenti) di miliziani palestinesi. Così avvenne nel 1996, in due occasioni nel 2000, e poi ancora nel 2002.
Da allora, in base ad accordi fra Israele ed Anp, gruppi organizzati di fedeli ebrei hanno accesso una volta al mese alla Tomba di Giuseppe, scortati dall’esercito israeliano.

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