Ed ora? Ed ora cosa succede, dopo che Matteo Renzi ha buttato la palla nel campo di Vincenzo De Luca, sospendendo il condannato per abuso d’ufficio da Governatore della Campania come previsto dalla legge Severino, invece di apparecchiare il decreto ad personam che gli avrebbe consentito di nominare vice e giunta senza affanni, recependo il parere dell’Avvocatura dello Stato? Si aprono scenari inediti. Si scrive a tentoni la giurisprudenza sulla pelle della Campania. E dello stesso De Luca, lasciato solo da Renzi sul più bello. Ricapitoliamo.

Il decreto di sospensione del premier è un atto recettizio e va notificato anche al consiglio regionale della Campania. Consiglio che dovrebbe riunirsi lunedì mattina alle 10 con quattro punti all’ordine del giorno: presa d’atto della proclamazione dei consiglieri, elezione del presidente dell’assemblea regionale campana, elezione dell’ufficio di presidenza, esposizione del programma di governo da parte del presidente della giunta regionale (ovvero De Luca) e discussione. L’ultimo punto è quello che più interessa. Secondo lo Statuto della Campania, De Luca può nominare vice ed assessori soltanto dopo aver esposto in aula le linee programmatiche. Ma potrà entrare in aula per fare questo?

In queste ore gli avvocati del M5S Oreste Agosto e Stefania Marchese stanno scrivendo una diffida al prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone affinché notifichi immediatamente la sospensione a De Luca e all’assemblea regionale. Ovviamente il prefetto potrà notificare l’atto soltanto dopo averlo ricevuto dal governo. Primo scenario. De Luca viene raggiunto dalla notifica della sospensione prima di lunedì mattina. A quel punto ha davanti a se due opzioni. La prima: non va in aula ma, forte del parere dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la sospensione non può tramutarsi in una ineleggibilità di fatto e non può condurre alla paralisi della Regione e alla decadenza del consiglio regionale, parere citato da Renzi in conferenza stampa mentre annunciava la sospensione (“saranno contenti quelli del Fatto Quotidiano”), nomina comunque il vice presidente, quasi certamente l’amico e sodale deputato Pd Fulvio Bonavitacola, e otto assessori, tra cui quattro donne. Lo fa però con un atto a rischio impugnazione davanti al Tar perché viola lo statuto regionale.

La seconda opzione: De Luca non nomina la giunta, fa rinviare il consiglio regionale fissato per lunedì (o almeno ne fa rinviare l’ultimo punto in discussione) e ricorre immediatamente alla magistratura civile per chiedere un provvedimento d’urgenza ex articolo 700, ovvero la sospensiva della sospensione, già ottenuta per un caso molto simile al suo dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris giovedì scorso. Ha ottime possibilità di ottenere un provvedimento favorevole e in tempi rapidi, forse rapidissimi. Il giudice competente, la Prima Sezione Civile di Napoli, è infatti lo stesso del caso de Magistris. Difficilmente smentirà se stesso. Ottenuto il via libera, si riconvoca il consiglio regionale e si va avanti sereni e con la testa sgombra dai pensieri almeno fino al 20 ottobre, data in cui la Consulta dipanerà la matassa sulla costituzionalità o meno delle parti della legge Severino che interessano De Luca (e de Magistris).

Secondo scenario. Il decreto di Renzi non raggiunge i destinatari prima di lunedì mattina. In quel caso i 51 consiglieri regionali, De Luca compreso, andranno in aula come se niente fosse, o consapevoli dell’inevitabile sospensione in arrivo? In effetti, a quel punto, nulla vieterebbe a De Luca di esporre il programma e procedere alla formazione della giunta. E poi ricorrere al Tribunale civile soltanto dopo la notifica della sospensione. Ma con vice già nominato e pronto a prenderne il posto in attesa dei tempi e degli esiti del ricorso. La ‘retroattività’ degli effetti sospensione, tema sollevato dall’avvocato Gianluigi Pellegrino nella battaglia legale per l’applicazione immediata della Severino a de Magistris, verrebbe comunque sanata da un provvedimento favorevole del giudice civile. Provvedimento, ribadiamolo, molto probabile. Se a sorpresa dovesse andare diversamente, correrebbe in soccorso a De Luca il parere dell’Avvocatura dello Stato. Che però, per l’appunto, è un parere. Non è una legge dello Stato. Quella legge che gli stessi giuristi dell’Avvocatura suggerivano a Renzi. Il premier però non se l’è sentita di procedere con una norma cucita addosso a un singolo caso. Ha preferito evitare il rischio di una denuncia per abuso od omissione di atti di ufficio.

Ha buttato la palla nel campo di De Luca. Nel campo del governatore che non può ancora governare. Smascherando quella che secondo l’azzurro Stefano Caldoro, il rivale sconfitto, è stata la grande bugia che ha inquinato la competizione in Campania: “Il decreto è la dimostrazione che De Luca ha imbrogliato i campani per tutta la campagna elettorale, imbastita sulla menzogna del ‘state tranquilli che su di me la Severino non si applicherà, ho avuto rassicurazioni da Renzi’, e abbiamo visto come è andata a finire. Renzi ha fatto un atto obbligatorio che provoca uno stato di caos istituzionale. In America chi mente viene eliminato dalla scena politica, in Campania chi ha imbrogliato sull’esercizio della democrazia vuole fare il Governatore”. Poca sorpresa per il segretario del Pd di Napoli, Venanzio Carpentieri: “Il governo ha agito secondo le anticipazioni rese da Renzi nei giorni scorsi. Tempi noti e prevedibili. Ora De Luca farà ricorso”.

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