La battaglia per il controllo di Palmira è stata vinta dall’esercito siriano, che è riuscito a respingere i miliziani dell’Isis, e le rovine del sito patrimonio dell’Unesco – soprannominato “Sposa del deserto” – non sono state danneggiate. Lo ha confermato il capo del governo siriano per le antichità, Maamoun Abdulkarim: “Oggi abbiamo buone notizie, stiamo molto meglio. Non ci sono danni alle rovine, ma questo non significa che non bisogna essere preoccupati”.

Lo Stato islamico, che ha dovuto arretrare ritirandosi da Palmira, aveva provato a entrare nella città, occupando – secondo quanto riportato dai gruppi dell’opposizione – alcuni quartieri settentrionali. I caccia dell’aviazione siriana hanno bombardato i sobborghi settentrionali e meridionali, territorio di violenti combattimenti tra governativi e miliziani dell’Isis, in particolare nei pressi dell’aeroporto. L’Osservatorio nazionale siriano (Ondus) ha diffuso un primo bilancio: 115 miliziani dell’Isis, 127 soldati governativi e 57 civili sarebbero rimasti uccisi in quattro giorni di battaglia a Palmira e nei sobborghi limitrofi. Mentre i media jihadisti affermano che l’avanzata continua, Damasco smentisce, sostenendo di aver ripreso il “pieno controllo” della città. Il governatore provinciale Talal Barazi ha ribadito: “Li abbiamo cacciati dal nord della città, ma sono ancora presenti fuori da Palmira, a sud e ad est. Stiamo prendendo tutte le precauzioni necessarie e stiamo lavorando per assicurare velocemente aiuti umanitari per paura di una fuga di massa dalla città”.

Nel frattempo i miliziani dell’Isis hanno preso Ramadi, città cento chilometri a ovest di Baghdad, capitale della più grande provincia dell’Iraq. Lo afferma il Washington Post citando fonti locali: centinaia di agenti delle forze dell’ordine, soldati e combattenti “sono in fuga“. La città irachena era assediata da settimane e oggi è stato sferrato un attacco con quattro bombe nel distretto di Malaab, mentre tre kamikaze a bordo di autobomba hanno tentato l’assalto al quartier generale. Il Consiglio provinciale di Al Anbar, di cui Ramadi è capoluogo, ha chiesto alle milizie sciite alleate dell’Iran di appoggiare l’esercito regolare contro l’avanzata jihadista nella città in maggioranza sunnita. Questo potrebbe provocare la reazione di clan tribali locali sunniti, che nei giorni scorsi hanno chiesto inutilmente al governo di Baghdad di essere armati per partecipare alla difesa di Ramadi.

Nella giornata di ieri la Casa Bianca aveva annunciato che in un raid aereo ordinato dal presidente Obama nella Siria orientale era stato ucciso Abu Sayyaf, responsabile dell’Isis per gli affari collegati a petrolio e gas. Un altro dei principali leader dello Stato islamico dopo il presunto ferimento del numero uno Al Baghdadi e l’uccisione del vice califfo Abu Alaa al-Afri, annunciata dal ministero della Difesa irachena.

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