Rigide misure di eradicazione” a nord del Leccese, con l’eradicazione non solo degli ulivi malati ma anche di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, ma anche blocco totale dell’attività vivaistica e divieto di impiantare nuovi ulivi. Sarà difficile da digerire per la Puglia la decisione sul contenimento del batterio Xylella fastidiosa presa dal Comitato permanente per la salute delle piante che si è riunito a Bruxelles. Tra le novità, anche una prima tutela dei confini europei, con il bando specifico delle importazioni di piante di caffè provenienti da Honduras e Costa Rica, visto l’elevato rischio di essere infettate, come testimoniato dal ritrovamento di vegetali contaminati vicino a Parigi. È una misura di cui si discuterà anche giovedì 30 aprile, nella seduta plenaria del Parlamento di Strasburgo.

Non c’è certezza che sia Xylella a far seccare gli ulivi, ma è un dettaglio, il protocollo di quarantena è scattato comunque. Per il Salento, la tagliola imposta rischia di provocare, in prospettiva, più danni di quelli che sta già procurando la malattia. Ha provato ad opporsi l’Italia, ma è rimasta isolata davanti al fronte comune di Francia, Grecia e Spagna, a cui si sono aggiunti tutti gli altri Paesi membri. Ora, però, la Puglia potrebbe decidere di optare per la guerra legale.

Il metodo imposto dall’Unione Europea è graduale. Si utilizzerà la mannaia più drastica nel Brindisino e nel Tarantino, come nel caso del focolaio di Oria: ogni volta che sarà segnalato un albero attaccato dal patogeno, si farà il deserto intorno, con la “rimozione e la distruzione delle piante infette e di tutte quelle ospiti nel raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute”. Tradotto: per ogni ulivo malato, se ne abbatteranno 300 sani, secolari compresi. Questa è la proporzione, stimata dall’Osservatorio fitosanitario regionale, le cui controdeduzioni sono rimaste lettera morta.

Sarà differente l’approccio nel Leccese. A sud del confine amministrativo della provincia, resta la “fascia di eradicazione” di 20 chilometri, dove “viene mantenuto il requisito di rimuovere sistematicamente tutte le piante infette e di testare quelle circostanti nell’arco di 100 metri”. Dunque, via non tutti, ma solo gli alberi malati. Nel resto della penisola salentina, dove l’eradicazione del batterio “non è più possibile”, si dovrà, invece, imparare a gestire la fitopatia ed è prevista “la possibilità per l’Italia di applicare misure di contenimento”.

La Puglia diventa un sorvegliato speciale. La strada è tutta in salita. E la decisione dell’Ue non fa altro che renderla ancora più ripida: è stata ribadita l’interdizione assoluta all’impianto di tutte le specie ospiti di Xylella fastidiosa. Significa che ogni ulivo perduto non potrà essere sostituito con una pianta giovane e neppure con le altre finite nella lista nera, come mandorlo, albicocco, susino, pesco, quercia. È un divieto “adottato per la prima volta in maniera così restrittiva, visto che – ha replicato l’Osservatorio fitosanitario barese nelle osservazioni inviate quattro giorni fa all’Ue – in situazioni analoghe di lotta ad organismi nocivi di quarantena, per esempio Erwinia a., è stato posto il divieto di messa a dimora di piante ospiti per un periodo limitato di dodici mesi; inoltre, per altri patogeni da quarantena come il virus della tristezza degli agrumi o della vaiolatura delle drupacee non è posto alcun limite”.

Ma c’è di più. E’ minato alle fondamenta uno dei settori finora più floridi del Salento, quello vivaistico: stop totale alla commercializzazione delle specie indiziate e nessuna deroga per le viti, sebbene il ceppo di Xylella fastidiosa riscontrato in Puglia, come è stato dimostrato scientificamente, non sia in grado di attaccarle. Una decisione che, ribaltata sul territorio, è la condanna dei 50 vivai otrantini che esportano barbatelle in tutto il mondo e impiegano mille addetti. In questo caso, la pressione della Francia a tutela dei propri vitigni l’ha fatta da padrona. Come reagiranno l’Italia e la Puglia? Non è esclusa la via di un possibile ricorso, già preannunciato, tra le righe, dalla Regione, per “violazione del principio di proporzionalità, sia quanto alla omessa valutazione e ponderazione dei diversi interessi coinvolti sia quanto alla inidoneità dei mezzi adottati rispetto al fine prefissato”.

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