Se il medico di famiglia o il pediatra di base sbagliano, anche l’Asl è responsabile. Ma il legittimo diritto al risarcimento dei potenziali danneggiati rischia di diventare un boomerang per i conti delle aziende sanitarie locali che non sono assicurate per le responsabilità dei medici di base. La questione è complessa e prende spunto da una recente sentenza della terza sezione civile della Cassazione che ha sancito la responsibilità dell’Asl nel caso di errata diagnosi da parte del medico di famiglia e ha condannato l’Asl Torino 4, insieme con il dottore, al risarcimento dei danni provocati al paziente.

Il caso su cui si è espressa la corte risale al 1997. In seguito ad un malore percepito in tutta la parte sinistra del corpo, un pensionato 58enne chiede l’intervento del medico di base che non solo arriva in ritardo, ma sbaglia diagnosi e prescrive un farmaco inadeguato. Nel giro di poche ore la situazione precipita e l’uomo viene ricoverato in ospedale dove i medici diagnosticano un’ischemia i cui danni potevano essere contenuti da una semplice aspirina. L’uomo resta invalido all’ 80% e, per 14 anni, è costretto a cure riabilitative prima della morte avvenuta nell’agosto del 2011.

Una vicenda amara con un pesante rivolto giudiziario: nel 2002 il paziente e i suoi familiari decidono infatti di far causa all’Asl regionale 7 di Chivasso (poi diventata Asl Torino 4) e al medico di famiglia, che non è assicurato e che intanto si trasferisce in Australia. In primo grado, i giudici condannano sia il medico che l’Asl, ma successivamente la Corte d’Appello assolve l’azienda sanitaria. Al terzo grado di giudizio, la Cassazione stabilisce definitivamente che “l’Asl è responsabile civilmente, ai sensi dell’articolo 1228 del codice civile, del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal Sistema sanitario nazionale, in base ai livelli stabiliti secondo la legge”.

La sentenza 6243/15, depositata lo scorso 27 marzo, è definita “innovativa” e “capace di modificare un sistema intero” dagli avvocati torinesi Marco Bona e Umberto Oliva, che hanno assistito in sede civile la parte lesa riuscendo ad ottenere il riconoscimento di 180mila euro. Finora, infatti, il medico di famiglia veniva considerato come un libero professionista non legato da vincolo di dipendenza all’azienda sanitaria. La Cassazione cambia le carte in tavola stabilendo che si tratta di “un rapporto di convenzionamento (avente natura di rapporto autonomo ‘parasubordinato‘)”. Con la conseguenza che d’ora in poi le Asl dovranno risarcire il paziente per gli errori commessi dai medici di base e dovranno quindi coprirsi anche da questo nuovo “rischio”.

Non solo. La decisione della corte riapre indirettamente il capitolo della gestione dei rischi e della capacità di risarcimento delle Asl e delle Regioni messe a dura prova da una spending review che rischia di danneggiare i cittadini senza eliminare le sacche di inefficienza. Le aziende ospedaliere sempre più spesso si affidano infatti all’autoassicurazione, una sorta di fai da te, finalizzato ad evitare l’ingente costo di una polizza assicurativa. Sempre più di frequente i manager delle Asl scelgono di sottoscrivere contratti assicurativi con franchigie importanti (generalmente superiori ai i 250mila euro). Inoltre non sempre contabilizzano in bilancio i rischi legati alla propria attività con apposite poste di accantonamento. Per non parlare del fatto che “le polizze stipulate non hanno contemplato finora il caso di negligenza del medico di base che mi aspetto venga incluso nei nuovi prodotti assicurativi destinati alle aziende sanitarie” ha spiegato a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Bona. Insomma le future sentenze a favore dei pazienti danneggiati dai dottori di famiglia potrebbero a stretto giro trasformarsi in un fardello inatteso nei conti delle aziende sanitarie. Un rischio in più che potrebbe complicare ancora di più la vita alle Asl e far registrare un ulteriore aumento nelle già salate polizze assicurative del comparto sanitario.

Per l’Ania il vizioso circolo della “sottoassicurazione” delle Asl potrebbe facilmente essere interrotto con un intervento del governo che definisca le responsabilità professionali dei medici e indichi tabelle per i risarcimenti massimi dovuti ai pazienti danneggiati. Secondo l’associazione, si tratta infatti di due passaggi importanti per effettuare una seria valutazione del rischio permettendo alle compagnie di aumentare il loro peso nel mercato delle assicurazioni delle aziende sanitarie. “Ma non è in questo modo che si fa una politica a tutela del cittadino – conclude Bona – è necessario fare prevenzione riducendo i casi di malasanità e rendendo di conseguenza le polizze meno costose. L’unica responsabilità del medico è quella di fare al meglio il proprio mestiere, mentre per lo Stato è quella di offrire strutture efficienti. E non certo ospedali in cui mancano macchinari, ambienti poco puliti in cui si sviluppano infezioni, personale medico e infermieristico sottoposto a turni massacranti. Il punto è che bisogna spendere bene i soldi destinati alla sanità. Non certo creare nuove griglie per le responsabilità per i medici”.

Twitter: @fiorinacapozzi

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