Sel ha votato contro la legge delega sul terzo settore perché apre le porte alla privatizzazione della sanità e della formazione dell’università, e dà la possibilità alle società profit, commerciali, di capitali di usufruire delle agevolazioni del terzo settore per investire nei mercati sociali”. L’approvazione del discusso ddl delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale avvenuta mercoledì alla Camera con 297 voti favorevoli, 121 contrari, 50 astenuti, insomma, non placa le polemiche su quella che nella più benevola delle interpretazioni degli addetti ai lavori, è stata definita un’occasione mancata. “Quella approvata oggi è una legge che non tutela i diritti dei lavoratori del terzo settore, che rende subalterno e asservito il terzo settore alle logiche del mercato e della supplenza alle istituzioni pubbliche. Una legge che rischia di ridurre i servizi di welfare per fare spazio alle imprese”, ha rincarato la dose Sel per bocca del deputato Giulio Marcon.

Sulla stessa linea la Cgil, secondo la quale “il disegno di legge (che ora passa al Senato, ndr) preserva il ruolo peculiare del volontariato e il suo carattere gratuito. Purtroppo, però, conferma norme che snaturano l’impresa sociale, accentuandone il carattere commerciale”. La confederazione, per bocca del segretario confederale Vera Lamonica, sottolinea che con il provvedimento “si allarga anziché restringere la possibilità di agire per le imprese profit, con il serio rischio che irrompano logiche di mercato nei servizi del welfare, già duramente colpito dai tagli alla spesa per la protezione sociale”. Per la dirigente sindacale vi è poi “un’altra grave mancanza, da colmare in quanto mina un tratto distintivo dell’impresa sociale: devono essere riconosciuti ruolo e diritti dei lavoratori con strumenti adeguati quali informazione, consultazione, contrattazione e clausole sociali”.

Dalla ripartizione degli utili al servizio civile universale – Al centro delle critiche c’è il punto più controverso del provvedimento, quello in base al quale i futuri decreti delegati dovranno prevedere per le imprese sociali – società che producono beni o servizi “di utilità sociale” – “forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione degli utili“, pur assicurandone “la prevalente destinazione al conseguimento degli obiettivi sociali”. Tra le altre novità ci sono poi l’istituzione di un registro unico del terzo settore, la nascita del servizio civile universale, il riordino delle agevolazioni fiscali e di sostegno economico, compreso il 5 per mille: verranno rivisti i criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e i requisiti per l’accesso al beneficio e sarà introdotto l’obbligo di pubblicità sull’utilizzo delle risorse ricevute. Arriva poi una nuova definizione ufficiale del terzo settore: “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità”.

Alleanza cooperative festeggia. Anche se non ci sarà un’authority di vigilanza ad hoc per il settore – Il ministro del Lavoro e del welfare Giuliano Poletti, ex numero uno delle coop, è però convinto che questo primo via libera segni un “passaggio importante per un provvedimento che punta a dare certezza di regole e di risorse e trasparenza alle attività”. Quanto al servizio civile, “le previsioni” contenute nella legge delega “si affiancano a scelte già compiute con la legge di Stabilità che ha stanziato oltre 115 milioni che, sommandosi ai 10 milioni ottenuti dai risparmi sulle spese generali della Presidenza del Consiglio, permetteranno, nel 2015, di avviare circa 50mila giovani”. Analogo entusiasmo dalle cooperative del settore. “Va nella giusta direzione e pone le basi per intervenire su un settore che da tempo aveva necessità di essere ordinato con maggior chiarezza e trasparenza”, ha commentato il portavoce di Alleanza Cooperative Sociali, Giuseppe Guerini, per il quale tra i punti centrali del provvedimento, “si evidenzia l’introduzione di una doppia rete di controlli, con l’azione esterna del ministero del Lavoro e dall’Agenzia delle entrate associata a un sistema di accertamenti interni, sulla quale si giocherà la buona riuscita della riforma”. Quindi nessun problema per la mancata creazione di un’authority di vigilanza ad hoc, anzi: “Avviare un meccanismo di controlli più stringente e basato sulla massima trasparenza eviterà che le imprese sane continuino a essere danneggiate da quelle che speculano su un settore cui il governo, nel testo del provvedimento appena approvato, riconosce finalità d’interesse generale, poiché fondato sulla cultura della sussidiarietà e della partecipazione attiva dei cittadini alla vita economica”. Infine le richieste: Guerini auspica che “i controlli siano intelligenti e non appesantiscano ulteriormente gli oneri burocratici che già gravano sulle imprese e che il provvedimento venga integrato da norme che diano maggiore impulso all’economia sociale”.

Forum nazionale del terzo settore: “Ora trovare i fondi” – Ma il Forum nazionale del Terzo settore, pur tra i grandi sostenitori della riforma e convinto che il testo rappresenti “un passaggio epocale“, solleva dubbi proprio sul fronte delle risorse. E auspica “che il successivo esame del testo al Senato possa apportare alcune migliorie legate ad alcuni aspetti gestionali e organizzativi, anche di natura civilistica e fiscale, delle realtà di terzo settore e delle imprese sociali, ma anche a questioni relative al servizio civile, così come a una maggiore attenzione al volontariato organizzato e alle forme più spontanee di volontariato e partecipazione dei cittadini, e infine a una più chiara individuazione del ruolo e funzione dei Centri di servizio per il volontariato“.

Per il sociologo Giovanni Moro il ddl “applica una logica di mercato al welfare” – Molti addetti ai lavori, per altro, esprimono perplessità sulla filosofia di fondo della delega. Il sociologo Giovanni Moro, presidente di Fondazione Fondaca e autore del saggio Contro il non profit, in un’intervista al quotidiano online Vita ha detto che nell’iter parlamentare hanno prevalso “spinte lottizzatrici“. Sfociate in un testo che applica “una logica mercatistica al welfare”, “eccede nell’ansia di regolamentare tutta la galassia del cosiddetto non profit” e prefigura “una sorta di “Confindustria del Terzo settore”, un comodo interlocutore unico delle istituzioni, a cui fra l’altro vengono affidate le potestà di controllo. Che poi è il meccanismo dell’autocontrollo delle cooperative, i cui effetti abbiamo visto con Mafia Capitale“.

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