Musica

Sanremo 2015. La politica più tabù del sesso: di cosa non parlano le canzoni

Quaerys insieme a un team di studenti dell’Università degli Studi di Torino ha analizzato i testi di 183 canzoni sanremesi, ovvero le prime tre classificate di tutte le edizioni del Festival dal 1951 al 2014. Ecco i risultati

di F. Q.

Tanto amore, la politica più tabù del sesso e un po’ di crisi. Analizzando i testi delle 183 canzoni approdate ai primi 3 posti in tutte le edizioni del festival, dal 1951 al 2014, si scopre che gli argomenti dominanti sono come previsto quelli sentimentali. Non si parla di guerra o di cronaca naturalmente, ma al tempo stesso nell’Italia della crisi economica aumentano i temi legati al sociale. Il gruppo di ricerca Quaerys-Università di Torino ha fatto un’analisi empirica delle parole che tornano più spesso all’interno dei brani di artisti e cantanti. Ecco i risultati.

La prima grafica (fig. 1) fotografa i temi più ricorrenti nella canzoni arrivate sul podio dagli albori a oggi. Quanto maggiore è il diametro del cerchio, tanto più spesso il termine corrispondente svolazza tra le note delle canzoni. L’amore è di gran lunga il tema-bandiera dell’evento sanremese. Seguono, al secondo e terzo posto, “vita” e “cuore”, degni elementi di contorno del tema portante.

fig. 1

Ma il grafico ci dice anche un paio di altre cose: la prima è che le canzoni finaliste non sono prive dell’elemento drammatico, come prova la presenza di un nucleo tematico significativamente ampio che ha perno attorno alle parole “lasciare”, “finire” e “perdere”. La seconda, invece, la si coglie grazie all’aiuto dei colori. Abbiamo infatti usato differenti sfumature cromatiche per raggruppare le parole-chiave in temi più generali, ricavando quattro gruppi:

1. le canzoni “cosmologiche”, o anche dello “spazio-tempo” (in verde nella grafica): sono quelle che combinano, nelle forme più svariate, cielo e terra, tornare e lasciare, giorni e anni, ma anche sole, cuore e amore (ironia della sorte i tre termini ritornano tutti insieme nell’analisi, sebbene il tormentone di Valeria Rossi non sia tra i testi analizzati, essendo stato scartato dalla sezione giovani del 2001);

2. le canzoni “video-oniriche” (in rosso): l’arte non è cosa da tutti, gente, e questo gruppo ne è la prova. Le canzoni che cascano qua dentro (“Volare” capofila indiscussa) attraversano temi prettamente metereologici (“vento”), altri celesti (“volare, stella”) per approdare alla dimensione del sogno, dove tutto può succedere.

3. le canzoni dell’ “amore” (in blu): amore e cuore, una rima facile di cui la nostra analisi segnala un certo abuso. Amore come vita e felicità, ma non solo: c’è anche l’amore di una notte, che una certa pudicizia nostrana si ostina a non chiamare col suo nome, cioè “sesso”;

4. le canzoni dei “luoghi comuni” (in giallo): non che i precedenti gruppi ne siano esenti, ma qui ci superiamo. È il gruppo delle canzoni che celebrano l’amore angelicato, con un’interessante analogia tra “donna” e “mamma”. L’amore che “nasce”, che fa “pensare” e tocca le corde dell’ “anima”.

schema 2 2

Se amore e sentimentalismo la fanno da indiscussi padroni, non mancano le questioni sociali: la dipendenza da sostanze stupefacenti, l’omosessualità, la crisi economica fanno capolino al momento opportuno nella storia del festival. Anzi, col passare del tempo, si può fuor di dubbio affermare che la frequenza di temi ascrivibili al sociale aumenta, in concomitanza al calo di argomenti “sentimentali” (fig. 2). In numeri, parliamo del 5% di temi sociali nel periodo 1951-68, sino al raggiungimento del 38% nel periodo post-crisi economica (2008 -2014). Nello specifico gli argomenti si concentrano sul modo umile di vivere, sulle difficoltà economiche e sulla gioia e soddisfazione che dà l’essenziale.

Lo studio, infine, rivela interessanti indizi anche ab assentiam, cioè rispetto a ciò che nei brani non c’è mai o c’è davvero poco. La politica, ad esempio, sembrerebbe essere l’argomento tabù per eccellenza, più ancora del sesso. Inoltre, eventi traumatici collettivi che hanno riguardato la vita nazionale e internazionale confluiscono con estrema prudenza nel canzoniere popolare: se si prescinde dai testi del compianto Giorgio Faletti (“Minchia signor tenente”) e di Elio e le storie tese (“La terra dei cachi”), non c’è traccia della stagione delle stragi di mafia o di quella della cosiddetta “strategia della tensione”. Nemmeno l’evento traumatico più rilevante nella storia (mediatica) contemporanea è riuscito a valicare i cancelli dell’Ariston: non si dice nulla delle Torri Gemelle o dei conflitti in Afghanistan e in Iraq, e la stessa parola «guerra» appare solo 5 volte dopo l’11 settembre.

Simone Borio, Andrea Lorettu, Sara Marsili, Giuseppe Tipaldo e Marinella Belluati
www.quaerys.com

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