Hanno assistito a un massacro. Ma nonostante questo, per tre mesi hanno coperto il loro amico con un “silenzio omertoso“, come lo definisce il capitano Salvatore Pignatelli, comandante della compagnia dei carabinieri di Sesto San Giovanni. Eppure i militari non avevano davanti criminali incalliti, ma sei ragazzi di “famiglie normali, incensurati, tra i 18 e i 22 anni”. Che si sono messi d’accordo per fornire la stessa versione agli investigatori impegnati a ricostruire l’omicidio di Ioan Popa, clochard romeno di 52 anni da anni in Italia che si arrangiava con lavoretti saltuari, ammazzato con calci e pugni il 15 ottobre scorso davanti a un pub di Cusano Milanino, nord di Milano. Ieri è stato arrestato il presunto assassino: Rocco Rendina, 22enne milanese incensurato che non studia né lavora e vive con i genitori ad Affori, zona nord del capoluogo lombardo. Rendina ha confessato e adesso è accusato di omicidio volontario. Dietro il pestaggio “c’è una banale lite per una carezza al cane del ragazzo” spiega il capitano Pignatelli. “Quello che ci ha sorpreso però – confida – è il silenzio con cui in tutti questi mesi i sei amici, tutti studenti o disoccupati, hanno protetto Rendina raccontandoci una versione dei fatti poco convincente”. La loro posizione adesso è al vaglio perché tutti quella sera hanno visto, ma nessuno ha tentato di fermare l’amico, nessuno ha chiamato i soccorsi per tentare di salvare il senzatetto che era agonizzante ma ancora vivo. “Fino a che non abbiamo individuato una ragazza, l’anello debole del gruppo. L’abbiamo incalzata e la abbiamo fatta crollare” racconta Pignatelli che ricostruisce quella notte.

Sono le 2 e 5 di mattina. Il Blue Ship ha chiuso da poco. Un capannello di sette ragazzi (clienti abituali), tre donne e quattro uomini tra cui Rendina, resta fuori a chiacchierare. Ioan Popa arriva in via Ferrari, lega la sua bicicletta non lontano dal pub e si avvicina al gruppo. E’ ubriaco, inizia a parlare con Rendina che tiene al guinzaglio il suo dogo argentino. Popa vuole accarezzarlo. Rendina lo sconsiglia. L’uomo insiste, racconta che in Romania lo zio alleva proprio quella razza. Conosce quei cani, sa che non c’è pericolo. Rendina si spazientisce. Inizia il massacro a calci e pugni (anche se i militari non escludono che sia stato utilizzato anche un altro oggetto). Gli amici guardano. Finché il romeno cade sull’asfalto senza sensi col volto coperto di sangue. Viene trovato intorno alle 2 e 40 dal titolare del locale, tornato indietro per recuperare una bottiglia dimenticata. Morirà dieci ore dopo all’ospedale milanese Niguarda. Intanto i sette si sono allontanati e dati appuntamento poco lontano, a Cormano, dove si accordano per fornire agli investigatori una versione identica di quello che è successo. Se qualcuno glielo avesse chiesto, Rendina quella sera non si trovava davanti al Blue Ship. E così fanno per tre mesi.

Le indagini dei carabinieri, coordinati dal pm di Monza Flaminio Forieri, scattano il giorno dopo. I militari cominciano a farsi un’idea di chi era presente in via Ferrari la notte del 15 ottobre. Anche se gli abitanti dicono di non aver né visto né sentito nulla, così come il titolare del pub. Non ci sono telecamere nella zona, ma la lente si focalizza subito sul gruppetto. I sei iniziano a essere convocati in caserma. Gli uomini del comandante Pignatelli li ascoltano per tre mesi, continuamente. Ma si sentono raccontare sempre la solita storia. Che però appare subito troppo dettagliata, troppo ricca di particolari, troppo “ricamata”. I detective sono convinti di trovarsi di fronte a una recita dalla quale viene tenuto fuori Rendina. Anche la sua fidanzata, presente quella sera, non dà nessun aiuto. I ragazzi vengono ascoltati e riascoltati. I carabinieri riavvolgono da capo il filo di quella notte decine di volte. Passano al setaccio gli indizi lasciati dal gruppo, incrociano le versioni e iniziano ad aprire le prime crepe in quel silenzio. Puntano sulle contraddizioni, ma nessuno cede. Fino a pochi giorni fa. Quando una 22enne crolla e fa il nome di Rendina. Il ragazzo viene convocato. Non regge. Racconta della lite per la carezza al cane. Racconta dell’appuntamento di Cormano. Racconta di aver massacrato di botte Popa e di aver vomitato subito dopo per colpa della tensione.

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