Doveva essere l’uomo giusto per la Corte Costituzionale. Ma alla fine ha prevalso lo scontro dentro Forza Italia. E così Antonio Catricalà ha deciso di ritirare la sua candidatura alla Consulta. Del resto negli ultimi tempi l’astro perpetuo del pupillo, ma anche “maestro”, di Gianni Letta si era un po’ appannato. L’ultimo ruolo pubblico del magistrato classe 1952, risale al brevissimo governo Letta dove è stato il secondo di Flavio Zanonato alla guida dell’incolore ministero dello Sviluppo economico. Più brillante la posizione occupata nell’esecutivo dei tecnici, del quale è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio succedendo all’eminenza azzurrina che in quell’occasione gli fece dono di una sontuosa investitura: “Sono lietissimo di fare i miei migliori auguri ad Antonio Catricalà, è un mio amico e maestro e ho imparato tanto da lui e avendo avuto la sua guida ad esempio”, disse Letta nel novembre 2011 ricordando quando l’ex garante della concorrenza era segretario generale alla presidenza del Consiglio. Complimenti prontamente ricambiati dall’investito: “Le vicende della vita mi hanno portato ad una nuova funzione e in questi casi bisogna ispirarsi a qualcuno e il mio modello non poteva che essere Gianni Letta, il miglior interprete che io abbia mai conosciuto in questo mestiere, che mi ha tante volte ispirato e istruito. Ho intenzione di impegnarmi per mantenere la massima riservatezza, a non comparire dove non è necessario e ad attenermi a criteri di assoluta sobrietà”, era stata l’indiretta risposta di Catricalà che per Palazzo Chigi aveva lasciato la ricca poltrona di presidente dell’Antitrust che occupava dal 2005.

Uno scambio di cortesie per altro non nuovo. Un anno e mezzo prima quando il magistrato era in corsa per la Consob, per finire poi battuto dal candidato di Giulio Tremonti, Giuseppe Vegas, Letta si era ampiamente sbilanciato in favore del suo pupillo. “Antonio Catricalà non è solo l’Autorità del mercato e della concorrenza, è un’autorità del diritto e della pubblica amministrazione, perché è una delle persone più straordinarie che io abbia mai incontrato nella mia vita”, disse nell’estate del 2010. E ripercorrendone brevemente il cursus honorum ricordò che, “appena laureato, giovanissimo”, ha via via vinto, “primo in Italia”, i concorsi in magistratura, nell’avvocatura dello Stato e al Consiglio di Stato, per poi sottolineare la stima profonda per il numero uno dell’Authority : “Ho approfittato di ripetizioni in casa da Catricalà e se qualcosa riesco a fare, molto lo debbo ad Antonio”, sottolineò.

Come dimenticare, del resto, il colpo da maestro del 1997 quando, da capo di gabinetto del ministro delle telecomunicazioni di Romano Prodi, Antonio Maccanico, trovò il busillis per far uscire l’esecutivo dalla “grana” Rete 4 che in base alla legge sul mercato televisivo allora in gestazione, sarebbe dovuta finire sul satellite. L’intervento di Catricalà riuscì a salvare capra e cavoli evitando al governo da un lato le pressioni degli elettori, dall’altro quelle di Berlusconi grazie a una postilla che prevedeva sì il passaggio della rete sul satellita, ma passava la palla al garante delle telecomunicazioni che avrebbe dovuto fissare la data del traghettamento in base all’effettivo sviluppo  dell’etere, con il risultato di rinviare sine die il passaggio. Un colpo che non ha fatto che accelerarne la carriera già parecchio rapida e versatile di suo visto il ruoli di braccio destro ministeriale occupato dalla prima alla seconda repubblica senza alcuna soluzione di continuità imposta dai cambi di governo: da Andreotti a Berlusconi fino a Monti passando per Dini e appunto Prodi.

E fino ad oggi Catricalà era pronto a tornare alla ribalta, per di più su un campo piuttosto delicato come quello della Consulta. Dalla sua avrebbe avuto la memoria corta degli italiani che hanno già dimenticato il suo tentato blitz del 2012 sulla riforma disciplinare della magistratura che era costato grande imbarazzo a Monti e più di un attacco a lui. Perfino da parte di Michele Vietti che, pur riconoscendo che margini per modificare la responsabilità disciplinare dei magistrati ce n’erano, aveva ammonito a non procedere con ”blitz legislativi”, magari ispirati ”da spirito di rivalsa” e comunque tenendo ”presenti i principi costituzionali”, tanto più che ”anche uno studente di giurisprudenza sa che il rapporto tra i componenti laici e togati della sezione disciplinare del Csm è scritto in Costituzione”.

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