Uomini e donne divisi. Non solo dalle sensibili differenze retributive, ma anche dagli importi previdenziali percepiti una volta finita la carriera lavorativa. Il risultato è che il divario tra i due generi è fortissimo soprattutto al Nord con la Liguria in testa, e che le pensionate sono nettamente più povere rispetto agli omologhi maschi. In media del 40 per cento. A dirlo è l’Istat, che certifica una situazione di netto distacco: secondo l’istituto nazionale di Statistica, nel 2012 l’importo medio annuale delle pensioni è più basso tra le donne (8.965 euro contro 14.728) e si riflette in un più contenuto reddito pensionistico medio, pari a 13.569 euro contro i 19.395 degli uomini. Le donne sono il 52,9% dei beneficiari ma agli uomini va il 56% della spesa. Inoltre, il numero di uomini (178 mila) con un reddito pensionistico mensile pari o superiore a 5.000 euro è cinque volte quello delle donne (33 mila).  

Nel 2012 sono stati erogati 23.577.983 trattamenti pensionistici: il 56,3% a donne e il 43,7% a uomini. Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati (8,8 milioni su 16,6 milioni), ma percepiscono solo il 44% dei 271 miliardi di euro erogati. Dei 626.408 nuovi pensionati del 2012, le donne rappresentano il 52% e percepiscono redditi più bassi (10.953 a fronte dei 17.448 degli uomini). Il numero di trattamenti percepiti dalle donne – dice Istat – è mediamente superiore a quello degli uomini, di conseguenza il divario economico di genere si riduce al 42,9% se calcolato sul reddito pensionistico (pari a 19.395 euro per gli uomini e a 13.569 per le donne). Tra il 2002 e il 2008, la forbice reddituale tra pensionati e pensionate è aumentata di 2,1 punti percentuali (4,4 punti con riferimento agli importi medi delle singole prestazioni); a partire dal 2008 si è osservata una progressiva riduzione che tuttavia ha mantenuto i livelli di disuguaglianza superiori a quelli del 2004.

Oltre la metà delle donne (52%) percepisce meno di mille euro, contro un terzo (32,2%) degli uomini. Le disuguaglianze di genere sono più marcate nelle regioni del Nord, sia con riferimento agli importi medi delle singole prestazioni sia in relazione al reddito pensionistico dei beneficiari. Il rapporto tra il numero di pensionati residenti e la popolazione occupata – rapporto di dipendenza – è a svantaggio delle donne: 90,2 pensionate ogni 100 lavoratrici, a fronte di 56,5 uomini ogni 100 lavoratori. Anche il tasso di pensionamento (rapporto tra numero di pensioni e popolazione residente) è superiore tra le donne (43,1%) rispetto agli uomini (35,6%).

Differenze per regione – La Liguria è la regione in cui il reddito pensionistico degli uomini presenta lo scarto maggiore rispetto a quello delle donne (è del 53,9% più elevato), seguita da Lazio (52,1% in più), Lombardia (51,8%) e Veneto (51,6%). Le regioni in cui si registrano invece le minori disuguaglianze di genere sono quelle meridionali. Le differenze più contenute si osservano in Calabria (gli uomini percepiscono redditi pensionistici del 19,9% più elevati rispetto a quelli delle donne), Basilicata (26,7% in più) e Molise (29,4%).

La disaggregazione provinciale ripropone evidenze del tutto analoghe a quelle riscontrate a livello regionale. Ad eccezione di Roma, le differenze più marcate caratterizzano nuovamente le province del Nord ItaliaLecco (61,6% in più), Venezia (59,4%), Livorno (58,5%), Monza e Brianza (57,9%), Genova (57,8%), Bergamo (56,2%), Milano (55,3%), Treviso (54,2%) e Brescia (53,6%) – mentre i valori più contenuti – a conferma di quando già emerso a livello regionale – si registrano nelle province meridionali: Vibo Valentia (13,7% in più), Reggio Calabria (18,4%), Cosenza (20,4%), Ogliastra (21,7%), Nuoro (22,3%), Benevento (22,8%), Catanzaro (22,9%), Potenza (23,9%), Agrigento (24,3%) e Lecce (24,8%).

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