C’è una prima svolta nell’inchiesta sulla costruzione dei chioschi al Parco delle Rimembranze di Modena, da mesi sotto la lente della magistratura e nel mirino di ambientalisti e dell’associazione Italia Nostra. Il sostituto procuratore Claudia Natalini ha iscritto nel registro degli indagati l’ex sindaco Pd Giorgio Pighi, e due assessori della sua giunta, quello all’Urbanistica, Daniele Sitta, e quello per le Attività economiche, Stefano Prampolini. Per loro il reato ipotizzato è quello di abuso urbanistico e paesistico, per i quattro cantieri aperti nell’area verde, attualmente già sotto sequestro.

Nella lista non c’è solo mezza giunta precedente, ma anche un folto gruppo di dirigenti. Come ha riferito per prima la Gazzetta di Modena, infatti, gli avvisi di garanzia notificati dalla Procura sono in tutto nove: con ex sindaco e assessori, sono indagati anche Giovanni Bertugli, tecnico del settore delle attività economiche, Giovanni Villanti (in pensione), Marco Stancari e Claudia Giovanardi, del settore urbanistica, e le due responsabili della Soprintendenza, Graziella Polidori e Paola Grifoni, per aver avallato il progetto.

Si apre così una nuova pagina nella vicenda che ha animato l’intera campagna elettorale per le amministrative di Modena. E che ha spaccato in due fronti la città, in una battaglia anche politica, con il senatore Ncd, Carlo Giovanardi, candidato alla poltrona di primo cittadino e schierato accanto al Comitato del no. Al centro della polemica il progetto di riqualificazione del parco, un’area verde realizzata nel 1920, dedicata ai caduti della Grande Guerra, e dal 2005 vincolata dal punto di vista paesaggistico e archeologico. Il piano dell’amministrazione Pighi, approvato dalla Soprintendenza, prevede l’edificazione di cinque strutture commerciali. Casette in muratura dedicate a bar, locali e ristoranti, dotate di passerelle e poggiate su pilastri di cemento armato.  Un’idea che tradotta in numeri significa 2500 metri cubi di costruzioni, e un aumento della parte coperta di oltre 1000 metri quadrati.

Uno “scempio” per gli ambientalisti e per molti residenti della zona, riuniti in comitati per la salvaguardia del parco. Un esempio di “lottizzazione e cementificazione selvaggia”, secondo l’associazione Italia Nostra. Ed è proprio sulla base di un esposto depositato dal presidente dell’associazione modenese, Giovanni Losavio, che la procura della Repubblica a marzo ha mosso i primi passi per far luce sulla vicenda. Arrivando poi, in primavera, alla richiesta di stop ai lavori e di sequestro preventivo del cantiere.

Insomma, un vero e proprio grattacapo passato in eredità all’attuale sindaco Gian Carlo Muzzarelli (del Pd anche lui), che giusto pochi giorni fa aveva annunciato la richiesta di dissequestro, sulla base di un nuovo e terzo progetto. “Gli avvisi di garanzia non rappresentano una condanna”, ha commentato poche ore fa in una nota, invitando alla prudenza e ribadendo la fiducia ai suoi predecessori. “Ad amministratori e tecnici coinvolti va riconosciuto di aver sempre agito in assoluta trasparenza e in stretta collaborazione con le autorità di controllo. Potranno dimostrare presto la loro onestà”.

Nel frattempo, “con il passaggio in Consiglio comunale del nuovo progetto per il parco e con l’adozione della variante al regolamento edilizio, che offre una chiara interpretazione delle norme applicabili in quel contesto, la nuova amministrazione sta lavorando per un percorso che porti a una soluzione soddisfacente della questione sotto ogni profilo, con l’obiettivo di riqualificare e valorizzare un’area di gran pregio della città”.

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