Grillo direbbe che la “peste rossa” è tutt’altro che debellata (anzi). Il dato di fatto è che il Partito democratico ombra di se stesso alle elezioni politiche del 2013 fa il pieno, trionfa, strafà, fa quasi indigestione nelle regioni considerate rosse: in Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche i democratici conquistano almeno un voto su due validi. E per giunta sfonda completamente le linee nemiche in aree complicate, che una volta erano dominate prima dalla Dc, poi dai sogni secessionisti, da ultimo seguaci delle nuove idee a Cinque Stelle. Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia: ora lì, incredibilmente, il Pd è di gran lunga la prima forza politica. Se c’è una macroregione, si trova sotto la bandiera che incrocia il tricolore con l’ulivo.

E il Movimento Cinque Stelle? In tutto il nord perde dai 3 ai 10 punti percentuali rispetto a un anno fa. Le migliori prestazioni sono in Sardegna, Sicilia, Molise, Lazio. Ma resta sotto al 20 per cento dalla Toscana in su (ad eccezione del Piemonte e della Liguria). Il lombardo-veneto si dimentica Forza Italia, che in alcune zone arriva dietro sia al M5s sia alla Lega Nord. I berlusconiani resistono solo al sud, dove restano più o meno intorno al 20 per cento. Tsipras raccoglie soprattutto nelle zone tradizionalmente di sinistra e soffre nel nord (tranne Trentino Alto Adige e Val d’Aosta). Il Nuovo Centrodestra ha il fiatone in tutto il centronord e si salva solo grazie ai voti del sud (Calabria e Sicilia, in particolare). Il M5s arretra nelle grandi città del centro e del nord (Firenze, Bologna, Milano), mentre gonfia ancora il petto a Roma, Napoli, Palermo, Bari. Significativo, a suo modo, il risultato di Parma, unico capoluogo a guida Cinque Stelle: il Pd è decollato al 52%, il M5s ha superato di poco il 19. 

Alla conquista del nord est
Primo dato: il timido risultato del 2013 sembra un lontano ricordo. Il Pd supera il 40 per cento in due terzi delle regioni e quando non lo supera lo sfiora. Rallenta solo al sud e in alcune regioni “particolari” come il Trentino Alto Adige, dov’è forte la concorrenza del Südtiroler Volkspartei. Ma fa impressione trovare cifre come il 40,3 in Lombardia, il 41,6 in Liguria, il 40,7 in Piemonte, il 42 e spiccioli in Friuli Venezia Giulia. Per paradosso proprio la regione del nord in cui il Pd non supera il 40 per cento diventa il simbolo di cosa sta accadendo: in Veneto i democratici raccolgono il 37,5 per cento staccando tutti di quasi 20 punti percentuali: Cinque Stelle, Forza Italia, Lega. Cifre che solo i partiti del centrodestra un tempo riuscivano a raggiungere. Un successo che assomiglia alla breccia di Porta Pia, un tesoretto di voti che Renzi dovrà cercare di non perdere. 

La riconquista delle zone rosse
Per il resto in Toscana e in Emilia Romagna il Partito democratico lascia agli altri poco più che le briciole: nel primo caso arriva a quota 56%, nel secondo al 52. E’ proprio qui che il Movimento Cinque Stelle ha registrato l’arretramento più evidente e ancora più visibile è quello delle forze di centrodestra. Basti pensare che nelle due regioni i partiti che una volta formavano il Pdl non supera il 17-18 per cento, cifre mai raggiunte neanche quando al centrosinistra capitò di vincere le elezioni politiche: Forza Italia, da sola, in entrambe le regioni prende solo l’11,7. L’unica regione del centro in cui il Pd fa fatica è il Lazio e qui – come si diceva prima dell’apertura delle urne – potrebbe aver influito una connotazione locale del voto (sottoforma di “punizione” al presidente Zingaretti e al sindaco di Roma Marino): il M5s ha raggiunto il 25% (la “vecchia” percentuale media ottenuta alle Politiche del 2013) e i democratici “si fermano” al 39.

Al sud il M5s fa il pieno, Forza Italia resiste
E’ al sud che i rapporti di forza tornano a essere quasi “normali”. Ed è proprio al sud, tra l’altro, che un tempo i Cinque Stelle facevano più fatica. Invece in Abruzzo (dove gli scandali non sono mancati, di destra o di sinistra) il Movimento sfiora il 30 e tallona proprio il Pd. Proprio al sud si registrano i “peggiori” risultati del Pd (messo fuori il Trentino Alto Adige per i motivi già detti): in Molise il 31%, in Abruzzo 32, in Puglia 33,5, in Sicilia 33,6, in Campania 36. Ed è proprio grazie a queste regioni che Forza Italia non viene completamente travolte da queste elezioni europee da minimo storico. In Campania raggiunge perfino il 24 (miglior risultato dei berlusconiani), in Puglia lo sfiora anche grazie a grandi calamite di voti come l’ex coordinatore regionale Fulvio Martusciello e l’ex ministro Raffaele Fitto

Le grandi città
La stessa tendenza, per finire, si registra nelle grandi città. A nord il Pd va forte, a sud meno, a beneficio del Movimento Cinque Stelle. A Milano il Pd raggiunge il 44,5, a Torino supera il 45, a Bologna si sfiora il 55 mentre a Firenze vola oltre il 57. Dati che calano andando verso meridione. I Cinque Stelle a Roma arrivano al 25, a Napoli al 26, a Palermo il 29, a Bari il 26. Il momento di difficoltà del Movimento Cinque Stelle potrebbe essere fotografato a Parma, dove Federico Pizzarotti è sindaco da due anni: il M5s non arriva al 20.

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