Altro che candidarsi alle prossime elezioni europee. La Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per due anni nei confronti di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo Mediaset. Come se non bastasse, l’ex premier risulta incandidabile anche per effetto della legge Severino e perché è in attesa di esecuzione della pena (l’appuntamento è fissato il prossimo 10 aprile, quando il giudice di Sorveglianza di Milano deciderà se il Cavaliere sarà affidato ai servizi sociali). La decisione della Cassazione preclude inoltre la possibilità per Berlusconi di esercitare il diritto di voto.

Si chiude così un caso giudiziario lungo 13 anni, per il quale l’ex premier era già stato condannato in via definitiva per frode fiscale a quattro anni (tre coperti da indulto). I supremi giudici della Terza sezione penale, dopo cinque ore di camera di consiglio, hanno dichiarato “irrilevanti” le questioni di incostituzionalità delle norme tributarie sollevate dalla difesa del Cavaliere e hanno “rigettato” il ricorso contro la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Milano il 19 ottobre 2013. La corte ha quindi accolto le richieste del procuratore generale della Corte di cassazione, Aldo Policastro, che aveva chiesto la conferma dei due anni di interdizione, comminati lo scorso ottobre dalla Corte di Appello di Milano dopo il “ricalcolo” ordinato nell’agosto scorso dalla stessa Corte suprema.

“L’ineleggibilità derivante dalla interdizione dai pubblici uffici non sostituisce l’incandidabilità, ma si aggiunge ad essa”, precisa il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, Dario Stefàno. “Ciò significa che nei prossimi due anni egli non godrà del diritto di elettorato attivo e passivo. Riguardo al diritto di elettorato passivo – aggiunge Stefàno – va però sottolineato che prevale la misura dell’incandidabilità, quale effetto della condanna alla pena detentiva divenuta definitiva il 1 agosto 2013”. Siamo quindi di fronte a un “duplice impedimento: la ineleggibilità per interdizione dai pubblici uffici e la incandidabilità per sei anni a seguito di condanna detentiva superiore ai due anni per reati gravi”.

La difesa di Berlusconi, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini, aveva chiesto alla Corte di trasferire gli atti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo oppure di inviare gli atti alla Corte Costituzionale o disporre un nuovo processo d’Appello. L’asso nella manica del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo era stato calato senza troppa convinzione, in extremis, proprio nel corso dell’udienza e si basava su un verdetto Ue che il 4 marzo ha dato ragione a Franzo Grande Stevens, uomo di fiducia della famiglia Agnelli, che lamentava la non sovrapponibilità di sanzioni accessorie penali ulteriori rispetto a quelle, pesanti, comminategli dalla Consob nella vicenda Ifil-Exor. Per Coppi e Ghedini questo significava che anche per il Cavaliere non si può applicare una doppia sanzione accessoria, la decadenza prevista dalla legge Severino e l’interdizione stabilita dalla legge speciale in materia tributaria. Ma gli ‘ermellini’ non hanno evidentemente ritenuto assimilabili i due casi.

“Prendiamo atto con grande amarezza della decisione della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione”, ha commentato Ghedini, ribadendo che “avremmo ritenuto quantomeno necessario un approfondimento presso la Corte Europea di Strasburgo”. La prima reazione politica è stata invece quella di Fabrizio Cicchitto (Nuovo centrodestra): ”Esprimo la mia piena solidarietà a Berlusconi”.

Mentre per Renato Brunetta “ancora una volta la giustizia italiana va in direzione opposta rispetto a quella europea. Dieci giorni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo condannava l’Italia perché applicava due sanzioni per lo stesso fatto. Oggi la Corte di Cassazione raddoppia la pena per un fatto già sanzionato dalla legge Severino. La storia è piena di questi casi, ci sarà pure un giudice a Strasburgo”.

Più forte il commento di Anna Maria Bernini, vice capogruppo vicario di Forza Italia-Pdl al Senato, che definisce la decisione della Cassazione “una ferita per la democrazia“. Non potrà essere una sentenza “politica ingiusta e vessatoria a riscrivere passato e futuro della storia d’Italia”, ha detto, sottolineando che “la sinistra, politica e giudiziaria, ottiene una illusoria vittoria provvisoria con l’interdizione dell’avversario politico Silvio Berlusconi, oggi più che mai e a maggior ragione leader riconosciuto di Forza Italia e del popolo di centrodestra”.

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