Sostegno al governo, ma con cautela, se non addirittura distacco. L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne dice che il jobs act che ha in mente il presidente del consiglio Matteo Renzi “non influenza” i destini del Lingotto, perché “la riduzione del cuneo fiscale è dovuta anche per incoraggiare il Paese”, mentre “per il resto i nostri accordi con sindacati ci permettono di portare avanti le nostre scelte”.   Marchionne, dal Salone dell’auto di Ginevra, precisa quindi di non voler “minimizzare quello che il premier sta facendo, credo bisogna appoggiarlo”, senza fare il minimo accenno alle vecchie ruggini con l’ex rottamatore che nell’ottobre 2012 aveva definito “il sindaco di una piccola, povera città“. 

Quanto al cambio di governo il gran capo della Fiat non si sbottona, ma è ecumenico: “Non voglio dire niente se era necessario un cambio di governo o no, siamo sempre stati filo-governativi. Cercheremo di appoggiare qualunque governo, il Paese ha bisogno di credibilità internazionale, faremo di tutto per sostenerlo”. Ma che non si pensi che sia una questione di aiuti di Stato: “Non ho mai chiesto una lira al governo italiano e non abbiamo intenzione di chiedere niente, non credo che il Paese in questo momento sia capace di affrontare una richiesta come questa”, ha detto il manager aggiungendo che la mancanza di soldi”è il problema principale, non do la colpa a nessuno”.

Un’idea politica comunque la Fiat ce l’ha: “La stabilità è stata sempre da noi auspicata e continuiamo ad auspicarla”. Sullo spirito ottimista dei governi (il precedente e in qualche misura anche questo) i vertici della casa automobilistica invece rallentano:  “E’ presto per dichiarare vittoria, la crisi è ancora qui, ma è già qualcosa che non stia peggiorando”, dice il presidente del gruppo John Elkann. Ma guai a dire che gli Agnelli stanno scappando dal Paese. “Fiat non ha mai lasciato l’Italia. Ci stiamo muovendo internazionalmente”, dice Marchionne che pure ha scelto Detroit per presentare, il prossimo 6 maggio, il nuovo piano industriale di Fiat-Chrysler.  Mentre la quotazione a Wall Street “il primo ottobre è il nostro sogno, ma mi dicono che c’è tanto da fare. Se non sarà il primo ottobre sarà il primo novembre o il primo dicembre”.  Due parole, infine, sulla strategia di finanziamento del gruppo: “Sul prestito convertendo non ho niente da dire, non ho mai confermato che lo faremo”, quanto alle opzioni sul tavolo “ne parlerò già a maggio alla presentazione del piano industriale. Se si faranno operazioni di finanziamento le realizzeremo nel quarto trimestre di quest’anno o nel 2015”.  

Quanto al nodo occupazionale, da una parte si ventilano buone notizie, dall’altra si rinnova la cassa integrazione. “Entro sei mesi, con la partenza anche della 500X, spero di poter usare tutti i dipendenti di Melfi e una parte dei cassintegrati di Pomigliano“, ha detto Marchionne sostenendo che “la Jeep Renegade e la 500X sono più che sufficienti per completare la capacità produttiva di Melfi”.  Intanto però Fiat Chrysler ha avviato la procedura per un altro anno di cassa integrazione per ristrutturazione per gli addetti dello stabilimento di Pomigliano. Nell’impianto campano, su 4.515 addetti, oltre 1200 operai sono ancora in cassa integrazione, che scadrà il prossimo 31 marzo, con la sola possibilità di rotazione in alcuni settori, così come previsto dall’accordo di febbraio dello scorso anno sulla cig. Dopo il via libera dell’Inps, Fiat Chrysler e sindacati dovranno incontrarsi negli uffici regionali preposti, per poter effettuare l’esame congiunto.

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