Bere in gravidanza potrebbe presto essere bandito nel Regno Unito. Il tutto dipende da un caso arrivato in tribunale, la cui sorte sarà decisa nelle prossime settimane. Un Comune del nord dell’Inghilterra, vicino a Manchester, si rivolgerà alla Corte d’appello britannica per far dichiarare una donna colpevole di aver danneggiato, a causa dell’alcol che ha bevuto, il feto che portava in grembo. La bimba, che ora ha sei anni e vive in una casa protetta di proprietà dell’amministrazione pubblica, era già salita agli onori delle cronache nel 2011, quando un primo tribunale stabilì che il suo precario stato di salute era dovuto “a un crimine violento” da parte della madre. Ma nello scorso dicembre la decisione era stata ribaltata da un tribunale amministrativo, che decise che la bambina non potesse essere ricompensata dalla donna, “in quanto un feto non è una persona e quindi non si può parlare di crimine contro la persona”.

Così la madre da colpevole passò nuovamente a presunta colpevole e nessuna pena le fu inflitta. Poi è arrivata la decisione del Comune, che si rivolgerà alla Corte d’appello ed è intenzionato a proseguire la lotta a suon di avvocati. Il legale dell’amministrazione (e della bambina) ha commentato: “Tutto si gioca sulla definizione di ‘persona’, ora vedremo come andrà a finire. Però abbiamo molte prove, in questo come in altri tanti altri casi simili, di come gli operatori sociali e sanitari abbiano più volte informato questa donna in particolare e tutte le altre donne coinvolte in queste vicende”. Come a dire, le dirette interessate non potevano non sapere. Così il Fasd della bambina (Fetal alcohol spectrum disorder), un insieme di condizioni neurologiche che le hanno causato diversi problemi dalla nascita fino a oggi, in questo caso sarebbe la diretta conseguenza del comportamento della madre.

Ma il giudice di secondo grado è stato chiaro e ha negato che la bimba, all’epoca, fosse un “individuo”. Un caso che sta portando l’opinione pubblica britannica a interrogarsi anche sul reale status di un feto, con tutte le implicazioni sui ragionamenti degli abortisti e degli antiabortisti. La legge del 1861 chiamata ‘Offences against the person Act’ è chiara in quanto a somministrazione di sostanze dannose. Tale sarebbe stato l’alcol, in questo caso, secondo la prima sentenza del tribunale del nord dell’Inghilterra. Anche il tribunale amministrativo, lo scorso dicembre, aveva ammesso la probabile somministrazione di sostanze pericolose, ma la bimba al tempo della sua permanenza in grembo, sempre secondo lo stesso giudice, appunto, non era ancora protetta dalla legge in questione.

Non esistono dati statistici sui bambini che nascono affetti dalla sindrome, ma si calcola che nel Regno Unito – Paese in Europa con uno dei più alti tassi di abuso di alcol e sostanze stupefacenti – ogni settimana vengano alla luce almeno venti bebè ufficialmente “tossicodipendenti”, in quanto sottoposti forzatamente, durante la gravidanza, all’assunzione di sostanze psicotrope. I precedenti desunti dalle sentenze anteriori nel Regno Unito operano come fonte di diritto, cioè fanno legge. Negli ordinamenti di common law come quello britannico la maggior parte delle norme è prodotta proprio grazie alle sentenze già stabilite dai tribunali.

Articolo Precedente

Eluana Englaro, cinque anni e nessuna legge sul biotestamento

next
Articolo Successivo

Riconoscere le famiglie omogenitoriali non è una crociata contro padri e madri

next