Risarcimento ai detenuti, un bluff clamoroso per ingannare l’Europa o una bomba per le casse dello Stato che metterà in ginocchio l’Italia. Lo svuota carceri continua a regalare sorprese. Più va avanti la discussione alla Camera per la conversione del decreto 146/2013 e più incongruenze saltano fuori tra le previsioni scritte dal governo e la realtà, in particolare quella delle risorse economiche per sostenerle e renderle effettive. E’ il caso dei risarcimenti equitativi per i detenuti che si aggiungono agli allarmi (inascoltati) dei magistrati di sorveglianza sul rischio di una paralisi degli uffici le istanze di liberazione anticipata piovute dal 24 dicembre a oggi. Il punto sui risarcimenti è questo: l’articolo 3 sui “diritti dei detenuti” recepisce le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che chiedeva all’Italia di introdurre reali forme di sanzione per le amministrazioni penitenziarie che non garantiscono un trattamento umano ai detenuti a causa del sovraffollamento. La Cedu in sostanza rileva, sulla scorta del caso-sentenza Torreggiani, che gli articoli di legge sull’ordinamento penitenziario vigente prevedono una forma di reclamo interno che è “accessibile ma non effettivo nella pratica”.

In soldoni, non ha effetti realmente riparatori del danno subito, non ricompone un’ingiustizia subita e non funziona come deterrente. Da qui la richiesta di introdurre “un ricorso o una combinazione di ricorsi che abbiano effetti preventivi e compensativi e garantiscano una riparazione effettiva”. Soldi, soldi, soldi appunto. E il decreto risponde così. Il comma a) e b) dell’articolo 3 del decreto introducono l’istituto del reclamo giurisdizionale che si aggiunge a quello ordinario e sottrae il giudizio all’amministrazione penitenziaria per rimetterlo nelle mani del magistrato di sorveglianza. Che potrà, su istanza di parte e a fronte di decisioni ignorate dall’amministrazione, avviare una richiesta risarcitoria per inadempienza “entro il limite massimo di 100 euro al giorno per ogni detenuto”. In pratica una multa per “inosservanza” che si traduce in un risarcimento economico della vittima. Cento euro al giorno per ogni ricorrente, e che sarà mai? Dipende, forse tutto o forse niente, forse è solo una toppa formale che lascia il tempo che trova e il rischio è di aver prodotto un dispositivo giuridico che resta sulla carta e non ottempera realmente il dettato europeo. Viceversa, se fosse realmente articolato com’è scritto nel decreto ed efficace, il risarcimento equitativo potrebbe assestare e un durissimo colpo alle finanze pubbliche.

A esprimere dubbi sul primo fronte è, niente meno, il coordinatore dei magistrati che la nuova norma la dovranno applicare.  Giovanni Maria Pavarin, intervistato dal fattoquotidiano.it, sostiene che la norma sul “reclamo giurisdizionale”, così com’è scritta, resta consegnata a un incerto destino e rischia di rimanere del tutto aleatoria, con grave pregiudizio sulla credibilità del nostro Paese rispetto alle prescrizioni di Strasburgo.  “Non puoi promettere di risarcire un danno – spiega Pavarin – se non stabilisci che c’è un capitolo di bilancio destinato a sostenere gli oneri economici che deriveranno dalle condanne che dovremmo emettere nei confronti dell’amministrazione”.  Il decreto si chiude, infatti, con la clausola di invarianza finanziaria che equivale a dire: “tutto quello che è disposto nel decreto fallo, ma a costo zero”. Ma se è a costo zero, come si potranno prevedere e disporre risarcimenti? Anche l’Anm ha sollevato la questione,  perché non è neppure indicato chi sosterrà (e con quali risorse) anche solo gli oneri procedurali derivanti dal reclamo, come la nomina di un commissario ad acta, se tramite le spese di giustizia o altri capitoli. Se non si interviene disciplinando questi aspetti, insiste l’associazione, “la tutela in tal modo assicurata rischia di essere del tutto vanificata”.  Dunque, ricapitolando, il decreto introduce una sanzione risarcitoria per superare l’esame dell’Europa ma è bluff, una norma di carta senza copertura che lascia il tempo che trova. In pratica, dice qualche magistrato, un “falso ideologico dentro una legge dello Stato”.

Del resto, se  così non fosse e si trovassero le opportune “coperture”, le cose potrebbero andare anche peggio. I risarcimenti fioccherebbero e sarebbero tanti e tali da mettere in ginocchio la finanza pubblica. In pratica una class action dal carcere capace di svuotare rapidamente le casse dello Stato. A sottolineare questo rischio è Alessandro Pagano, deputato del Nuovo Centrodestra e membro della commissione giustizia alla Camera. “L’impatto economico che deriverebbe da tale disposizione sarebbe devastante: un risarcimento di 100 euro al giorno per ciascuno detenuto, nel caso di mancata osservazione delle disposizioni imposte dal magistrato di sorveglianza, porterebbe, nella più rosea delle previsioni, ad un costo complessivo di 365 milioni di euro, ovvero, tanto quanto la cifra stanziata per l’intero piano carcerario. Per non parlare della questione dei trasferimenti dei detenuti nei luoghi di origine della famiglia, che a quel punto potrebbe raggiungere un costo ipotetico di 2 miliardi di euro l’anno. Una follia, insostenibile per le casse dello Stato”, spiega Pagano che s’è messo a fare i conti moltiplicando i 100 euro per tutti i detenuti in eccesso e che vivono in condizioni di disagio. Anche per questo il Nuovo Centrodestra ritiene che quella norma vada eliminata immediatamente. “Senza paletti è una bomba sulla finanza pubblica, un’assoluta follia, mette a serio rischio il quadro finanziario non solo del sistema carcerario ma dell’intero sistema finanziario del Paese. E la cosa incredibile è che il provvedimento abbia ricevuto la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato”. Insomma è tutto da sciogliere il nodo risarcimenti e sul “tutto” o il “niente” che può provocare.  

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