di Chiara Daina e Paola Porciello

Da almeno cinque anni nel nostro Paese si assiste periodicamente alla scomparsa di alcuni medicinali dagli scaffali delle farmacie. Nel 90 per cento dei casi si tratta di farmaci “salvavita”, quelli indispensabili per pazienti affetti da malattie gravi o croniche (i cosiddetti farmaci di fascia A, prescritti con ricetta medica e rimborsati dal Sistema sanitario nazionale). Mancano in media ogni tre mesi e restano irreperibili da uno a sei mesi. Con gravi eccezioni: per gli antitumorali, per esempio, in alcune regioni si arriva ad aspettare anche 50 mesi. Il motivo della fornitura a “singhiozzo” sono le esportazioni parallele di farmaci negli Stati dell’Unione europea. Una pratica assolutamente lecita prevista dal libero scambio delle merci vigente in ambito comunitario, che consente di vendere la merce sulle piazze più redditizie. In Italia, come in Grecia e in Portogallo, i farmaci di fascia A costano molto meno che negli altri Paesi. Così i grossisti, mossi da una logica di mero profitto, li esportano altrove, guadagnando fino al 400 per cento in più. In Germania una scatola di Cymbalta, un antidepressivo, costa 87,68 euro mentre da noi vale 24,90. Ora, poiché la quantità di farmaci distribuita sul mercato italiano viene stabilita in maniera rigida dal fabbisogno nazionale, va da sé che se una parte di questi medicinali finisce all’estero, non viene più garantita la copertura per i cittadini italiani. Per contrastare l’emorragia selvaggia dei farmaci, le case produttrici contingentano le forniture a distributori, grossisti e farmacie. Altra piaga.

L’Ordine dei farmacisti e le associazioni di categoria (Federfarma e Assofarm) ormai dal 2011 chiedono che venga trovata una soluzione. Questa, probabilmente, dipenderà sempre dall’Ue. Un decreto legislativo ad hoc sarebbe difatti già sul tavolo del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Tale testo, relativo al recepimento della direttiva 2011/62 dell’Unione europea, “dovrebbe risolvere per sempre il problema del cosiddetto mercato parallelo dei farmaci”, spiegano fonti del ministero. Il decreto, che per la prima volta consente all’Agenzia del farmaco (Aifa) di redigere un elenco di farmaci dei quali limitare l’esportazione, dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri per l’approvazione tra due settimane. L’Aifa, che stabilisce il prezzo dei farmaci al pubblico (dopo averlo negoziato con le industrie farmaceutiche), conferma, ma esprime minore ottimismo sui tempi. Annarosa Racca, presidente nazionale di Federfarma, è netta: “I farmaci non sono una merce qualsiasi, quindi non può valere il libero scambio. La soluzione è il prezzo unico dei farmaci a livello europeo”. Le fa eco Michele Di Iorio, che aggiunge un’altra causa: “Sono cresciute a dismisura le licenze concesse dalle regioni ai farmacisti per diventare grossisti”. Magari senza avere nemmeno i requisiti. Ma, ancora una volta, nessuno vigila.

C’è un servizio online (trovailtuofarmaco.it) nato apposta per fare fronte all’urgenza e riservato ai soli farmacisti: consente di avere l’elenco delle farmacie che hanno disponibilità del prodotto richiesto, attingendo ad una banca dati aggiornata in tempo reale. Quasi due milioni le ricerche effettuate dal primo gennaio 2009. E circa mille le farmacie iscritte al portale. Per aiutare i cittadini, spesso costretti a peregrinare da un punto vendita all’altro alla caccia del farmaco salvavita, c’è un altro sito web: cercailtuofarmaco.it, che geolocalizza il prodotto richiesto nella farmacia più vicina. In soccorso di camici bianchi e pazienti anche i grandi marchi, come Astrazeneca, Eli Lilly e Pfizer, che hanno attivato un numero verde per ricevere il medicinale nel giro di 24 ore. Prima invece bisognava attendere quasi due settimane di tempo. “C’è da mettersi le mani nei capelli – lamenta Elvy Zappetti, titolare di una farmacia a Udine, dove esiste un solo distributore di farmaci -. Al momento sono sprovvisto di un’ottantina di farmaci. Faccio la spola tra i colleghi per recuperarli, a volte senza successo. Giri di telefonate a non finire, e se non si trova c’è anche il rischio che il sostituto non vada bene per certi soggetti”. Non solo. La spesa può finire a carico del paziente. Il sostituto della Folina, un antianemico che allo Stato costa 3,58 euro, è il Lederfolin, un farmaco di fascia C non rimborsato dal Ssn, che ha un valore per il pubblico di 14,90 euro.

Nel frattempo si moltiplicano i casi di pazienti che, nell’impossibilità di procacciarsi il farmaco salvavita, finiscono per cercarlo su Internet, correndo il rischio che sia contraffatto, o finendo al Pronto soccorso, com’è accaduto di recente a una donna anziana rimasta senza anticoagulante e a una paziente epilettica.

@chiadaina @PaolaPorciello

Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 3 febbraio 2014

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