Il governo Letta vuole dimostrare di fare sul serio con le privatizzazioni. Ieri il ministero del Tesoro ha presentato i membri del comitato che dovrà gestirle. Premesso che in Italia si guarda sempre con un certo scetticismo alla nascita di nuove stratificazioni burocratiche, specie nell’ambito di un processo che dovrebbe ridurre il ruolo dello Stato, i nomi indicati legittimano qualche dubbio sulla cultura pro-mercato dell’esecutivo.

Niente da dire su Vincenzo La Via, è il direttore generale del Tesoro, è giusto che presieda il comitato per vigilare su come vengono vendute (o svendute) le quote azionarie di Eni, Sace, Fincantieri, Enav di proprietà del ministero.

Ma gli altri? Secondo il decreto di nomina, il Tesoro doveva scegliere “quattro esperti di riconosciuta indipendenza e di notoria esperienza nei mercati nazionali e internazionali, individuati nel rispetto del principio di pari opportunità tra uomini e donne”. L’unica donna è Anna Maria Artoni, guida il gruppo di famiglia che si occupa di trasporti, da Reggio Emilia, ha avuto momenti di celebrità quando era a capo dei giovani della Confindustria, ma a parte l’amicizia con Enrico Letta a quale titolo siede nel comitato?
Gli altri nomi sono ancora più singolari. C’è Piergaetano Marchetti, notaio milanese al centro dei gangli del capitalismo di relazione italiano, è a lungo stato presidente della Rcs, il salotto buono in cui siedono banche e imprenditori che potrebbero essere interessati alle quote azionarie messe in vendita dal Tesoro.
Un altro membro è l’ex rettore della Bocconi Angelo Provasoli, che ha preso il posto di Marchetti alla presidenza di Rcs. É anche membro del cda di Telecom e presidente del collegio sindacale della Cassa depositi e prestiti per conto della quale ricopre anche la carica di presidente del collegio sindacale del Fondo strategico italiano. In pratica Provasoli decide come e cosa il Tesoro venderà e, negli altri suoi incarichi, vigila su come la Cassa depositi nazionalizza una parte crescente del sistema economico.
L’ultimo componente del comitato è Massimo Capuano, oggi banchiere a Iwbank (gruppo Ubi), è stato amministratore delegato della Borsa italiana, e forse è l’unico dei membri che un investitore internazionale si aspetterebbe in un comitato privatizzazioni.

Ma forse è giusto così: in fondo quelle del governo non sono vere privatizzazioni, solo un disperato tentativo di fare cassa vendendo asset che hanno già un facile mercato. Quindi non servono persone che conoscono il mercato, ma che ragionano pensando al “sistema”, per evitare che questa pur minima dose di incertezza introdotta dalla crisi turbi troppo gli equilibri dello spompato capitalismo italiano.

Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2013

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