Una bimba di 3 anni verrà data in affidamento temporaneo a una coppia di omosessuali. Il Tribunale Minorile di Bologna, presieduto dal giudice Giuseppe Spadaro, diventa protagonista di una sentenza che in poche ore sta già facendo discutere partiti politici, associazioni e istituzioni nazionali e soprattutto la Procura dei Minori di Bologna che attraverso il procuratore capo, Ugo Pastore, ha impugnato il provvedimento dei colleghi del tribunale per alcuni vizi di “approssimazione e incongruenze”.

I due uomini affidatari, come riportato dal Corriere della Sera, hanno 50 anni, abitano in un’altra città dell’Emilia Romagna, convivono da tempo, hanno un lavoro e un buon reddito. Oltre ai giudici, anche i servizi sociali hanno dato parere favorevole all’affidamento temporaneo: i due sono una coppia ‘stabile e affidabile’ e possiedono tutte le condizioni di serenità e benessere richieste dalla legge per la piccola che vive in un contesto familiare difficile nella stessa città e conosce bene i due gay, tanto da chiamarli ‘zii’ sebbene non vi sia tra loro alcun legame di parentela.

Infatti, a differenza dell’adozione, per la quale la legge italiana parla espressamente di coppia sposata, per l’affidamento la nuova famiglia temporanea può essere sia una famiglia tradizionale, meglio se con altri figli in casa, ma anche una “comunità di tipo familiare”, formata da due persone che assolvono alla funzione di genitori, o un single. Non ci sono voci specifiche sull’ipotesi di una coppia omosex. Ad avvalorare la legge, nel gennaio 2013 la Cassazione, esprimendosi su un’altra vicenda, aveva sancito il diritto dei gay ad ottenere in affido un minore.

Ma è la Procura dei Minori di Bologna a non vederci chiaro e a riscontrare subito alcune “incongruenze” nell’affidamento, tanto da impugnare il provvedimento del Tribunale definendolo “poco trasparente”. “La legge sull’affidamento prevede all’articolo 2 che si dia preferenza a famiglie che hanno figli minori ma, riguardo al caso di cui stiamo discutendo, non si capisce se questa possibilità sia stata valutata o meno”, spiega il procuratore Pastore al sito web di Tempi.it, “per questo abbiamo impugnato il provvedimento: non si danno sufficienti garanzie che l’articolo 2 sia stato rispettato”.

Nulla quindi da contestare sull’orientamento sessuale dei due affidatari: “Che la coppia sia gay o meno, a noi non interessa”, continua, “rileviamo invece che non è stata fatta alcuna comparazione con altre coppie. Perché è stata scelta questa e non altre? Non si capisce. È una scelta che non è stata motivata. Ma se passa questo principio – e non che, a parità di condizioni, sia preferita una coppia con figli minori – poi si può avallare tutto, con rischi non indifferenti. Infatti, ragionando per assurdo, si potrebbe arrivare a preferire una famiglia a un’altra secondo criteri astrusi, come la simpatia per esempio”.

Pastore aggiunge anche altre due mancanze formali: “I due uomini risultano avere due residenze diverse, quindi non si capisce se sono una coppia o no. E poi c’è un altro aspetto poco chiaro: secondo la legge entrambi i genitori della famiglia d’origine devono essere d’accordo sull’affidamento temporaneo. Per questo servono le firme di entrambi. Qui, invece, abbiamo la firma solo della madre, mentre manca quella del padre che è all’estero. Si tratta di una famiglia di stranieri e io spero che abbiano capito bene quali sono le implicazioni della loro scelta”.

Il provvedimento, che col passare delle ore pare non avere tutti i requisiti previsti dalla legge, è oggetto anche di un’accesa contesa etica da parte delle forze politiche bolognesi. “Se la legge per l’affidamento parla di comunità familiare senza specificarne il significato”, afferma Michele Facci, consigliere comunale del Pdl a Bologna, “però dice che la coppia funge da genitore, allora è un modo come un altro per dire che la coppia gay può assumere funzione genitoriale. Questo è il dato valoriale che io contesto fortemente: le due tipologie di famiglie non possono essere equiparate”. Sulla stessa linea l’omologa Valentina Castaldini (“è la certezza che, in Italia, un Giudice si sveglierà e invece di applicare la legge, deciderà di farla lui. Chiaramente tutto succede a Bologna”, scrive su Facebook) e il collega della Lega Nord, Manes Bernardini, che ricorre perfino ad una raccolta firme per dare voce all’indignazione: “E’ l’ennesima mannaia calata sulla famiglia e i suoi valori”.

Di tutt’altro avviso il presidente del Cassero Arcigay, Vincenzo Branà: “Mi sorprende la bava alla bocca dei politici di centrodestra: loro blindano per sé un valore come quello della famiglia, pensando che allargandolo lo si perda”. “Pensino invece i politici a recuperare la distanza tra la vita reale e il loro vano dibattito ideologico – continua – perché in realtà in Italia ci sono altri esempi di affido a single e coppie gay che però vengono tenuti sotto silenzio per tutelare proprio il minore. Sulle parole del procuratore posso solo dire che se manca una firma nei documenti ce la metti, se invece il punto è ostacolare il compimento dell’operazione di affidamento allora si può trovare qualsiasi, superabilissimo, vizio formale”.

Tema sensibile, infine, rispetto al quale nel passato la Curia di Bologna e l’arcivescovo Caffarra si sono pronunciati più volte per difendere i valori ‘tradizionali’ della famiglia: “Non è costume della Chiesa bolognese intervenire con un comunicato nemmeno di fronte ad un evento ‘eccezionale’ come questo”, spiega il portavoce della Curia locale da via Altabella, “sul tema, comunque, il cardinale ha parlato più volte e di recente: la sua posizione è ben nota. Non posso escludere che verrà pubblicato un intervento sul tema nel prossimo numero di Bologna Sette, che uscirà domenica prossima.

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