Dalla recessione alla stagnazione. E’ stato accolto a braccia aperte l’annuncio di Moody’s, che prevede un ritorno al territorio positivo per il Prodotto interno lordo nel 2014. La notizia positiva è che l’agenzia di rating ha alzato le stime di crescita per quest’anno e il prossimo. Quella negativa è che ora stima un calo compreso tra -2% e -1% nel 2013 e una percentuale compresa tra lo zero e l’1% sia per il 2014 che per il 2015. Che significa, in altri termini, stagnazione economica, ovvero una situazione caratterizzata dal persistere di una crescita nulla o vicina allo zero.

Le previsioni di Moody’s per l’anno prossimo sono in linea con quelle dell’altra società di rating americana, Standard & Poor’s, ma leggermente inferiori a quelle del Fondo monetario internazionale (+0,7%), che nel luglio scorso ha avvertito sull'”elevato rischio di stagnazione nel medio termine per i Paesi dell’area euro”, ricordando che “le forze recessive sono ancora in atto nella maggior parte dei Paesi periferici, dove famiglie e aziende sono alle prese con alti livelli di debito, alti costi di finanziamento e stretta sul credito”.

Ma i calcoli di Moody’s preoccupano soprattutto se confrontati con le dichiarazioni del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che nei giorni scorsi ha ribadito l’ottimismo del governo, dichiarando che “il Paese si sta avviando verso una graduale ripresa” e ricordando che l’esecutivo si aspetta una crescita dell’1,1% nel 2014 e del 2% del 2015, ben oltre lo 0,5% previsto da Moody’s. Dichiarazioni, quelle di Saccomanni, che erano state subito smentite da Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio, secondo cui “il 2014 non sarà certo l’anno della ripresa sostanziale”.

La stessa Moody’s, dopo avere alzato le stime sul Pil, conferma che il nodo resta il lavoro, aspettandosi una crescita della disoccupazione, attesa fra 12 e 13% nel 2014, e ricorda che “l’Eurozona corre un rischio considerevole di una ulteriore escalation della crisi se il sostegno ai programmi di austerità scendesse ancora”. Segnalando inoltre i rischi “non trascurabili” che in Italia e Grecia “i partiti anti-euro prendano il potere con un programma di uscita dalla moneta unica”.

Ottimismo anche dalla Banca d’Italia, che evidenzia “segnali qualitativi di miglioramento del quadro macroeconomico” in Italia, che sarebbero confermati dal ritorno degli investitori esteri sui titoli del debito italiano. “Le condizioni di liquidità dei mercati finanziari italiani sono tornati in linea con con quelli prevalenti prima della crisi”, spiega il rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato da via Nazionale, sottolineando che “le tensioni sui tassi di interesse a brevissimo termine osservati nel mese di giugno e luglio si sono attenuate da inizio agosto”.

Bankitalia segnala infine che per gli istituti di credito è ancora più redditizio investire in titoli di Stato che prestare denaro alle imprese viste le forti sofferenze sul credito. Ciononostante lo stesso report avverte che le banche stanno iniziando a cedere una parte della massa di titoli di Stato in portafoglio, che ha sfiorato i 400 miliardi di euro a giugno. Sulla stessa linea di Moody’s e Bankitalia è intervenuta anche l’Ocse, facendo sapere che “la crescita in Italia mostra nuovi segnali di cambiamento positivo e nella zona euro continua a guadagnare slancio”.

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