Silvio Berlusconi, dentro la sua villa di Arcore, continua a pensarci. E più ci pensa – racconta chi gli sta vicino – più la nota in cui Giorgio Napolitano apre alla concessione della grazia in cambio di un passo indietro gli sembra una trappola. Lo stesso Gianni Letta, che ha gestito la trattativa col Quirinale, non sa cosa rispondere al capo quando gli chiede come si esce da questa situazione: il capo dello Stato, infatti, non ha promesso nulla; dal Pd continuano ad arrivare inviti a togliersi di mezzo (da ultimo Massimo D’Alema in un’intervista al Messaggero); la legge sull’incandidabilità resta un macigno non aggirabile con scappatoie tecniche; le prospettive giudiziarie – dal caso Ruby alla compravendita dei senatori – non sono affatto buone. Insomma, come dice Daniele Capezzone, “la questione è politica e serve una soluzione politica”. Cioè? “Esistono percorsi e strumenti, chiaramente indicati dalla Costituzione e dal buon senso, che possono consentire di evitare un vulnus gravissimo ai danni di milioni di elettori. Il Pdl ha dimostrato un assoluto senso di responsabilità, ma ora tocca a tutti gli attori politici e istituzionali, per la parte che compete a ciascuno, evitare ferite irrimediabili”.

Insomma, come comincia a pensare anche il capo, datevi una mossa o la prima vittima sarà il governo e Berlusconi si giocherà la partita in una nuova campagna elettorale, candidabile o meno che sia. Ipotesi – o timore – che si coglie anche nelle parole affidate ieri all’Ansa dal ministro-colomba Gaetano Quagliariello: Napolitano “non ha blindato l’esecutivo. Il 2015 è tutto da conquistare e innanzitutto devono essere in grado di conquistarlo coloro che sono al governo, anche nel dialogo coi loro partiti”. Che significa? Che non si possono “fare le riforme la mattina e il pomeriggio un conflitto istituzionale. È necessario che questa situazione trovi una stabilizzazione”. E tanto per dare un’idea, il nostro butta lì che la Giunta del Senato se la prenda comoda (“credo ci siano molte cose da chiarire e approfondire e credo sia interesse di tutti farlo per bene”) e “non abbia esiti predeterminati e avvenga con ogni cognizione di causa, vista la delicatezza della vicenda e le conseguenze politiche”. Berlusconi, infatti, pretende di non decadere dal suo seggio in Senato: in questo senso la pensata di Denis Verdini (“candidati al Senato, dove si può creare lo stallo dopo le elezioni”) gli dà qualche speranza, ma non troppe.

All’ex premier, per rimanere in sella, serve una grazia piena che il Colle ha già escluso oppure una quarantina di voti a suo favore in libera uscita da Pd e/o Scelta civica tra quanti pensano che la vita dell’esecutivo valga la violazione del principio che la legge è uguale per tutti: solo che, per quanto li si cerchino, tutti questi devoti alla realpolitik non vengono fuori e la partita pare già chiusa. Il capogruppo democratico Luigi Zanda, per dire, ancora ieri ha ribadito che bisogna fare in fretta e dichiarare Berlusconi decaduto. Pd, Movimento 5 Stelle e Sel, infatti, hanno già da soli i numeri per buttarlo fuori da palazzo Madama: 169 su 317 (i montiani sono venti, i pro-Silvio non arrivano a 120). Il presidente della Giunta per le elezioni Dario Stefàno, invece, ha ricordato all’Ansa che il nostro resta pure incandidabile, grazia o non grazia: “Gli Uffici elettorali, secondo il decreto 235 del 2012, non potranno ricevere la sua candidatura per i prossimi sei anni, a meno che non intervenga una riabilitazione su richiesta dello stesso Berlusconi. Ma questo è inimmaginabile prima di due anni” (frase poi smentita).

L’ipotesi di un Berlusconi fuori dalle Camere non è ormai così peregrina: “Io non credo che l’essere o meno in Parlamento possa impedire a Berlusconi di esercitare la sua leadership – ha spiegato Francesco Nitto Palma – Chi pensa che Berlusconi possa ridursi a una sorta di guida spirituale del centrodestra si sbaglia di grosso”. Già che c’è l’ex Guardasigilli s’è dilungato pure su quale ottimo lavoro farebbe il leader una volta assegnato ai servizi sociali grazie alla sua “capacità maieutica” (sic). In ogni caso, spiegano dall’inner circle berlusconiano, l’ex Cavaliere sembra aver preso coscienza di un fatto: Napolitano e il Pd lo stanno accompagnando alla porta sfruttando la sua stessa indecisione. Meglio allora, sembra essersi convinto Silvio, un’ultima grande campagna politica che faccia del destino del suo corpo fisico quello del corpo immateriale della nazione. Difficile gli vada bene, ma il governo dei giovanotti moderati resterebbe comunque sul terreno.

da Il Fatto Quotidiano del 17 agosto 2013

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