C’è un ragazzo la cui famiglia, come tante altre, è caduta in una condizione di indigenza ed ha seriamente rischiato di perdere la casa.

E’ il figlio di Carlos, la cui storia è stata a suo tempo raccontata sul sito della Fondazione. Suo padre si è gravemente ammalato ma ciononostante è stato costretto a versare del denaro a chi non aveva titolo per riceverlo e questa situazione ha messo la famiglia alle strette. Il figlio di Carlos, che chiameremo Felipe, frequentava un istituto professionale ma è stato costretto a lasciare la scuola per trovare qualche lavoretto che consentisse di arrotondare le poche entrate della famiglia.

Quando alcuni mesi fa sono intervenuto per aiutare la famiglia, sostenendo le rate del loro mutuo e fornendogli l’assistenza legale perché non fossero più costretti a versare denaro a chi non spettava, ho dato la mia disponibilità a fare sì che Felipe potesse riprendere gli studi per evitare una situazione ormai vista molte volte dove l’indigenza si tramanda di padre in figlio quando il bisogno di guadagnare poco e subito uccide qualsiasi prospettiva per i figli di queste famiglie.

L’ho quindi invitato a riprendere gli studi nella scuola che aveva lasciato, dando ovviamente la mia disponibilità a coprire i costi dell’iscrizione. Lui mi ha risposto gentilmente facendomi osservare che ricominciare ad andare a scuola a Milano per lui che abita in provincia avrebbe comportato un aggravio di 100 euro mensili per i trasporti, cifra che la sua famiglia non si poteva permettere di pagare.

Per questo motivo, Felipe stava scegliendo un’altra scuola vicino a casa che però gli avrebbe dato molte meno possibilità di trovare un impiego una volta terminati gli studi.

Ovviamente, gli ho garantito la copertura anche di questo piccolo costo mensile ed un attimo dopo mi sono fermato a pensare come sia assurdo che la vita ed il futuro professionale di un ragazzo possano dipendere da una cifra relativamente cosi modesta, una cifra che le persone nella mia condizione spendono magari una sera per uscire a cena.

Andrea, Fondazione Condividere

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