La prima società partecipata del Comune di Parma affonda sotto il peso dei debiti. Il Tribunale ha respinto la proposta di concordato preventivo di Spip (Società parmense per gli insediamenti produttivi) per rientrare dal buco di oltre 100 milioni di euro e decretato quindi il fallimento della società controllata in maggioranza dal Comune attraverso la holding Stt.

La richiesta di fallimento per Spip era stata avanzata dal procuratore capo Gerardo Laguardia, che sulla partecipata ha aperto un’indagine penale che vede coinvolti l’ex vicesindaco Paolo Buzzi (oggi consigliere comunale Pdl), l’immobiliarista Paolo Borettini e l’ex amministratore di Spip Nando Calestani. L’accusa è di abuso di ufficio, ma ora che la società è fallita la Procura proseguirà nell’indagine anche per bancarotta fraudolenta nei confronti degli ex amministratori.

Le indagini riguardano la gestione della società che negli anni tra il 2000 e il 2009 ha acquisito terreni alle porte di Parma a prezzi di mercato raddoppiati nel giro di pochi giorni o addirittura di poche ore, con plusvalenze che hanno contribuito a generare il buco milionario. Nel mirino degli inquirenti ci sono le operazioni di compravendita, ma anche le società fiduciarie che hanno fatto da controparte a Spip nei contratti di acquisto, e infine il flusso di denaro generato dalla vendita, che forse è finito in qualche conto all’estero. La Guardia di Finanza depositerà nei prossimi giorni l’informativa sui passaggi delle somme per capire chi vi sia dietro le società fiduciarie e dove siano finiti quei soldi. Ci sono richieste di rogatorie disposte dalla Procura su movimenti di denaro in banche straniere, da San Marino alla Svizzera, che potrebbero essere riconducibili ai soggetti coinvolti nell’inchiesta.

Intanto però l’amministrazione di Federico Pizzarotti deve fare i conti con il primo fallimento di una delle circa trenta società partecipate in capo al Comune e quindi anche con il rapporto con le banche. Su Spip gli istituti di credito hanno chiuso le porte a una possibilità di finanziamento che avrebbe consentito, tramite l’erogazione di fondi a Stt, di salvare la società, che come hanno scritto i commissari giudiziali, “versa in stato di insolvenza conclamato, non essendo in grado di soddisfare le proprie obbligazioni con i normali tempi di pagamento e nei termini prescritti”. Una chiusura che ha determinato il default della partecipata, il cui debito per il 90% è detenuto proprio da istituti bancari (tra cui Banca Intesa-San Paolo, Banca Monte, Banca Passadore, Bnl, Carige, Cariparma, Monte Paschi e Unicredit), e che potrebbe portare a un simile atteggiamento anche nei confronti di altre società comunali.

Il Tribunale nelle motivazioni ha sollevato dubbi non solo riguardo a Spip, ma anche al piano di ristrutturazione del debito di Stt Holding, che era uno dei diktat per il via libera al concordato, di cui “non sono prevedibili i tempi e l’esito”. Tanto che, secondo il collegio di giudici presieduto da Roberto Piscopo, “allo stato un vero e proprio piano concordatario non esiste, posto che lo stesso è in itinere essendo subordinato al verificarsi di presupposti non ancora avveratisi, ma sul cui avveramento nessuna prognosi può formularsi”. Le altre partecipate del Comune poi non versano in buone condizioni e recentemente le banche hanno fatto andare deserto il bando per il finanziamento di 20 milioni a Parma Infrastrutture, la società che gestisce la manutenzione del patrimonio della città, dal verde al riscaldamento di scuole e palestre.

Dal Comune però rassicurano che il fallimento di Spip non implica conseguenze negative. Su un possibile effetto domino per le altre società partecipate e su un danno all’amministrazione erano arrivate già nei giorni scorsi le rassicurazioni dell’assessore al Bilancio Gino Capelli: “Non ci sono clausole che implichino un aumento sui tassi di interessi per i mutui in essere”. 

“Di sconfitta sicura per quanto sinora detto e tentato di fare dalla gestione Pizzarotti” parla invece la minoranza. “Fin dai primi annunci la giunta grillina ha cercato di far passare il credo del debito gestibile, di una situazione sotto controllo, di un sistema società partecipate risanabile – ha attaccato il consigliere comunale Pd Massimo Iotti – Il fallimento Spip mostra la sconfitta di quel teorema, ennesimo proclama mancato”. Iotti parla dei piani di ristrutturazione delle partecipate come di “fragili castelli di carte”, svelati nella loro inconsistenza dal fallimento di Spip, con la certezza che anche Stt Holding “non è affidabile a prestare garanzie, è società anch’essa sull’orlo del precipizio”.

“E’ una sconfitta per la Giunta, che fa perdere tutta la città – continua il consigliere – Il sistema Parma ne esce ulteriormente colpito e indebolito. Il fallimento non è mai una soluzione, non si può far passare per risanamento la trasformazione dei debiti in perdite, soprattutto perché riguardano la cancellazione di patrimonio pubblico”.

I consiglieri del Pd più volte avevano criticato il piano di salvataggio della giunta di Pizzarotti sulle partecipate, e in particolare su Spip. Al sindaco si chiedeva di tentare un accordo con tutti i soggetti coinvolti, spiegando chiaramente ai cittadini la situazione. E soprattutto, di condividere la linea d’azione con la città e di trovare soluzioni alternative. L’invito alla giunta ora è “di evitare la supponenza, l’auto-referenzialità fine a se stessa, i proclami privi di sostanza” e di “riportare seriamente i problemi di Parma su un tavolo di responsabilità condivisa con i tutti gli attori locali del contesto economico, politico e sociale della città”.

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