Per sollecitare lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Comune di Boscoreale (Napoli), avvenuto nel gennaio 2006, la commissione d’accesso inviò al ministero dell’Interno una relazione così riassunta dal Tar che bocciò il ricorso per reintegrare l’amministrazione: “Nella composizione consiliare e giuntale vi sono dei soggetti ritenuti permeabili alle pressioni dei gruppi malavitosi; in particolare l’attenzione della commissione si incentra sul presidente del consiglio comunale, esponente dell’omonimo clan e figlio di un soggetto ucciso nel 1991 in un agguato di camorra e facente parte del consiglio comunale già disciolto nel 1998 per i medesimi motivi”.

Quel politico locale figlio di un boss assassinato è Pietro Langella, e da allora, nonostante questo incidente di percorso, di carriera ne ha fatta. Qualche settimana fa è stato eletto senatore. Nella lista Pdl della Campania. Nella lista dalla quale era stato escluso Nicola Cosentino a causa delle sue presunte collusioni camorristiche, oggetto di due processi in corso a Santa Maria Capua Vetere.

Sì, le due vicende non sono omologabili: Langella, al contrario di Cosentino, non è indagato e non è coinvolto nelle scabrose vicende che hanno segnato la storia della propria famiglia. Tanto da protestare veementemente per quella definizione “esponente dell’omonimo clan” messa nero su bianco sulla relazione prefettizia, che ha sempre respinto al mittente e che sperava di aver fatto dimenticare definitivamente. Ma la sua sorprendente elezione – in Campania era dato vincente il Pd da tutti i sondaggi e il Pdl lo aveva inserito al numero 16 – fa tornare di interesse pubblico un episodio del passato.

Il papà del neo senatore, Giovanni Langella, detto “il Paglietta”, era uno dei leader dell’omonimo clan operante nell’area vesuviana. Dopo essere sfuggito a un primo tentato omicidio, Giovanni “Paglietta” fu ucciso all’alba del 2 ottobre 1991 mentre prendeva il caffè in un bar. Tre persone armate di mitraglietta e fucili a pompa fecero irruzione nel locale e gli esplosero contro una trentina di proiettili, prima di finirlo con un colpo di grazia alla testa. Giovanni Langella era il fratello del boss Pasquale Langella, assassinato il 20 febbraio 1991 per ordine della “cupola” camorristica agli ordini di Carmine Alfieri, il capo della Nuova Famiglia rivale della Nco di Raffaele Cutolo. Il sodalizio criminale dei “Paglietta” è però sopravvissuto alla morte dei fratelli Langella, fino a condizionare – secondo le risultanze dei commissari prefettizi – due amministrazioni comunali di Boscoreale.

Tornando alla politica, l’elezione di Pietro Langella in Senato in quota Pdl è un gol in acrobazia segnato in zona Cesarini: pochissimi giorni prima della chiusura delle liste l’imprenditore vesuviano era ancora un assessore provinciale napoletano dell’Udc, partito abbandonato in extremis per protesta contro i criteri scelti per le candidature alle politiche, portandosi appresso una cinquantina di esponenti locali dello scudocrociato di Casini. Peraltro, Langella non è nuovo a improvvisi cambi di casacca: nel 2009 si ricandidò alla provincia di Napoli in quota Udc, partito all’epoca alleato del Pdl, da consigliere provinciale uscente del Pd (era il vice presidente del consiglio). Tutta la sua storia politica odora di trasformismo. Negli anni Novanta ha militato nel Ccd, nei primi anni 2000 ha aderito al Ppi e alla Margherita mentre il centrosinistra campano conquistava le più importanti amministrazioni locali. Ma quando fu chiaro l’imminente crollo del bassolinismo, fu tra i primi a trovare riparo dall’altra parte.

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