Un paese con oltre 8 milioni di poveri, una popolazione anziana in costante crescita e un tasso di disoccupazione giovanile dai 15 ai 24 anni che è al 29,1%, in aumento per il quarto anno consecutivo e superiore a quello medio dell’Unione europea (21,4%). Nell’annuario statistico ‘Noi Italia, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo‘ dell’Istat emerge il profilo del nostro Paese in cifre, basato sui dati raccolti nel 2011, dove 6 famiglie su 10 dispongono di un reddito inferiore rispetto alla media e il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni è, come nel 2010, pari al 37,8%. Un valore negativo che ci colloca solo secondi in Europa dopo Malta, e la media del continente è pari al 28,8%, in lieve calo rispetto all’anno precedente. Il presidente Enrico Giovannini ha spiegato che stando alle previsioni, “nella seconda metà del 2013 è probabile un recupero dell’attività produttiva” e “tutti concordano nel dire che sarà una ripresa molto lenta, non solo in Italia ma in tutta Europa. Se fosse così non produrrebbe effetti sull’occupazione”.

Famiglie e povertà – Nel 2011 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono l’11,1%: si tratta di 8,2 milioni di individui poveri, il 13,6% della popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 5,2% delle famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui. Guardando al 2010 circa il 57% delle famiglie residenti in Italia ha acquisito un reddito netto inferiore a quello medio annuo (29.786 euro, circa 2.482 euro al mese). In Sicilia si osserva la più elevata diseguaglianza nella distribuzione del reddito e il reddito medio annuo più basso (il 28,6% in meno del dato medio italiano). In sostanza, sei famiglie su dieci hanno un reddito inferiore a quello medio.

Giovani ‘neet’ in aumento – Continua ad aumentare la quota di giovani che non lavorano e non studiano e l’Italia nel contesto europeo ha una situazione migliore solo di Grecia e Bulgaria. I cosiddetti Neet (‘Not in education, employment or training’) cioè i giovani tra i 15 e 29 anni non inseriti in un percorso scolastico e/o formativo nè impegnati in un’attività lavorativa ammontavano nel 2011 a più di 2 milioni: il 22,7% del totale contro il 15,4% della media europea. La quota è più elevata tra le donne (25,4%) rispetto agli uomini (20,1%). Dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 e il 2007 si era passati dal 20 al 18,9%), l’incidenza di Neet è tornata a crescere negli anni successivi, compreso il 2011. Il divario con il resto dell’Europa è impressionante: nei Paesi Bassi la percentuale è appena del 5,5%, in Germania del 9,7%, in Francia del 14,5%.

Popolazione sempre più vecchia – Sempre più numerosi e sempre più anziani. Gli italiani viaggiano verso la soglia dei 60 milioni (per l’esattezza, 59.433.744): la popolazione residente è cresciuta del 4,3% fra il 2001 e il 2011, merito esclusivo dell’incremento della componente straniera. Dall’edizione 2013 di “Noi Italia” emerge che al primo gennaio 2012 ci sono 147,2 anziani ogni 100 giovani: in Europa solo la Germania presenta un indice di vecchiaia più accentuato. La Liguria si conferma la regione più vecchia, mentre la Campania, pur con un indice per la prima volta superiore a 100, la più giovane. Nel 2011 il rapporto fra popolazione giovane e anziana e popolazione in età attiva (il cosiddetto “indice di dipendenza”) raggiunge il 53,1%; il valore minimo si registra nel Mezzogiorno (50%), il massimo nel Nord-ovest (55,0%), mentre la regione con l’indice più alto è la Liguria. In Europa l’Italia si colloca al quarto posto. Il nostro Paese presenta una crescita naturale della popolazione leggermente negativa ed è agli ultimi posti in ambito europeo, vicino alla Grecia e al Portogallo; viceversa, l’aumento dovuto ai fenomeni migratori è significativo e colloca l’Italia ai primi posti della graduatoria dei paesi piu’ “attrattivi”.

Sanità – La salute pesa anche sulle famiglie in Italia, nonostante il Servizio sanitario pubblico. Nel 2010, i nuclei familiari hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per il 19,5%. Un esborso comunque in calo di oltre cinque punti percentuali rispetto al 2000. In generale, la spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8% del Pil nazionale. Dal confronto europeo, inoltre, le cifre indicano che nel 2010 la quota di spesa sanitaria privata in Italia è del 20,4%, di oltre tre punti più bassa rispetto a Francia, Germania e Austria. La Grecia, invece, è il Paese in cui il contributo della spesa privata è maggiore (con oltre il 40%), cui seguono Paesi Bassi, Slovacchia e Ungheria con oltre il 35%. I contributi minori sono quelli registrati da Lussemburgo (16%) e Danimarca (14,9 %).

Tornando all’Italia, la spesa sanitaria complessiva nel 2010 rappresenta il 9% del Pil e viene finanziata per 7,2 punti percentuali con risorse pubbliche mentre i restanti 1,8 punti sono coperti attraverso risorse dirette delle famiglie. Il peso sui nuclei familiari, in percentuale di Pil, è leggermente più alto nel Mezzogiorno (2%) rispetto al Centro-Nord (1,7 %), ma la differenza, secondo l’Istat, va attribuita soprattutto al divario di reddito tra le due aree. Le regioni in cui la quota è più elevata (superiore ai due punti percentuali di Pil) sono Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Molise e Puglia.

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