I vertici di Parmalat finiscono nel mirino della Procura di Parma. C’è anche il presidente Franco Tatò tra gli indagati nell’inchiesta sull’acquisizione da parte del gruppo di Collecchio di Lactalis Usa. Nel registro degli indagati risultano anche i nomi dell’amministratore delegato di Parmalat Yvon Guérin, il direttore generale operativo Antonio Vanoli e gli amministratori Francesco Gatti, Marco Reboa e Antonio Sala. Il reato ipotizzato è di appropriazione indebita aggravata con le due aggravanti di abuso di prestazione d’opera e danno patrimoniale grave.

Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti l’operazione che ha portato Parmalat a comprare per 960 milioni di dollari l’azienda americana Lag, esaurendo quasi tutto il tesoretto di 1,5 miliardi di euro accumulato dal gruppo di Collecchio durante l’amministrazione di Enrico Bondi e trasferendolo di fatto nelle casse della società Usa. Un’operazione ritenuta sospetta, dal momento che Parmalat e Lactalis Usa appartengono allo stesso gruppo, la Bsa Sa, società di Lussemburgo di proprietà della famiglia Besnier.

L’indagine della Procura di Parma era partita dopo una denuncia della Consob, che aveva segnalato le anomalie dell’acquisizione “infragruppo”. Anche i soci di minoranza di Parmalat inoltre aveva chiesto al tribunale un’ispezione nelle sedi di Collecchio per verificare la regolarità dell’operazione, che ritenevano avesse portato danno e non beneficio all’azienda. In corso sul caso c’è già un procedimento civile, le prossime udienze in cui sarà ascoltato anche Tatò sono previste il 17 e il 21 dicembre.

L’indagine dal punto di vista penale però prosegue. Nei giorni scorsi gli uomini della Guardia di Finanza di Parma insieme ai colleghi del Nucleo di polizia tributaria di Bologna, su disposizione della Procura, hanno acquisito documenti cartacei e informatici dalle sedi di Parmalat di Collecchio e Milano. Le ispezioni e le perquisizioni sono durate diverse ore  e hanno interessato anche le sedi di Lactalis Italia e Mediobanca-Banca Credito Finanziario. Documenti sono stati sequestrati anche nelle sedi di Pricewaterhouse Coopers, società di revisione che si è occupata della revisione dei bilanci di Parmalat, e dello studio legale Durso Gatti e Bianchi, che ha seguito l’operazione dal punto di vista legale. L’ufficio comunicazione di Parmalat, dopo le perquisizioni, ha fatto sapere che da parte dell’azienda c’è stata “massima collaborazione e disponibilità, nella certezza della correttezza del proprio operato”.

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