Incandidabilità a tutte le cariche pubbliche per i condannati, ma anche decadenza dall’incarico dell’eletto che viene successivamente condannato. Il decreto legislativo sulla non candidabilità, meglio conosciuto come “liste pulite” è quasi pronto, come ha annunciato il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri: “Stiamo lavorandoci, ci sarà un incontro con i ministri Severino e Patroni Griffi probabilmente la prossima settimana per chiudere le ultime maglie di un documento che è in gran parte pronto”. Alla domanda se in due settimane il testo potrà essere in Cdm, il ministro ieri replicava: “Prima lo concludo poi lo dico, ma sicuramente sarà pronto entro le elezioni“. Certamente per le politiche, ma molto probabilmente anche per le regionali che, a fine gennaio, rinnoveranno i consigli di Molise, Lazio e Lombardia. . Solo un mese fa il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi aveva assicurato la disponibilità del governo: “C’è un impegno del governo ad attuare la delega in tempo utile perché possa essere applicata alle prossime elezioni”. 

Allo stato attuale, secondo le anticipazioni riportate oggi da alcuni quotidiani, il decreto comprenderà tutti gli incarichi elettivi, non solo Parlamento e Regioni, ma anche Parlamento europeo, consigli comunali, comunità montane , consorzi locali. E pure aziende pubbliche, nella selezione dei profili manageriali e politici da inserire nei consigli di amministrazione. Pur non trattandosi di carica elettiva, anche i membri del governo dovrebbero rientrare nelle regole previste dalla nuova normativa. Gli incandidabili sarebbero i condannati per una pena fino a due anni di carcere, senza distinzione di reati: non solo furti, rapine o mafia, ma anche (e soprattutto) corruzione. Proprio su questo capitolo emerge il problema più rilevante, che suscita qualche reazione polemica: per ora il reato di prostituzione minorile (quello per cui è imputato Silvio Berlusconi nel caso Ruby) non è compreso tra quelli che comportano l’incandidabilità. In ogni caso, sempre secondo la bozza, l’incandidabilità non sarà eterna, ma commisurata in base alla pena inflitta per i reati commessi. Il minimo, comunque, sarà quello di una legislatura. Il deterrente, che dovrebbe assicurare l’applicazione di questa legge già dalle prossime regionali, anche nel caso in cui non dovesse aver completato l’iter di approvazione, è legato al fatto che, in caso di condanna successiva all’elezione, l’incarico decadrebbe.

La legge delega contenuta nel ddl anticorruzione prevedeva che il governo adottasse “entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali”. Quando il testo sarà presentato si capirà quanto sarà alta l’asticella posta dal governo tecnico all’esclusione di condannati dalle cariche pubbliche. Allo stato occupano i seggi del Parlamento cento deputati tra indagati, condannati o prescritti. 

 

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