“La logica del ‘tutti contro tutto e tutti’ non mi appartiene. Al gioco del quotidiano e periodico massacro non intendo più prestarmi”. Michele Conserva, assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto, si è dimesso. Alla base della decisione dell’esponenente della giunta di centroinistra guidata da Gianni Florido, ufficialmente, solo motivi politici: le lotte intestine al Partito democratico e le dure polemiche con l’assessore regionale al Bilancio Michele Pelillo.

Nella sua lettera a Flordio, Michele Conserva ha parlato di un Pd in cui non si è mai sentito a suo agio, pur sottolineando che non si tratta di un addio: “Non intendo abbandonare la politica, né isolarmi come libero pensatore – ha scritto nella missiva – ma voglio tornare a farla senza alcun vincolo e senza dovermi occupare di alchimie di potere che non mi appartengono. L’impegno degli ultimi sei anni con le deleghe Ecologia e Ambiente, Aree Protette e Protezione Civile che ho seguito, talvolta anche sentendomi in assoluta solitudine, ha difeso e tradotto in fatti la linea dell’ecocompatibilità dettata dal tuo programma elettorale, oggi condivisa a tutti i livelli istituzionali. Oggi sento la necessità, rinunciando alla poltrona, di avvicinarmi alla mia comunità crispianese (piccolo comune in provincia di Taranto, ndr) alla quale sono profondamente legato, con l’entusiasmo, l’impegno e la dedizione di sempre”.

Da sempre fedelissimo di Florido, Conserva era al suo secondo mandato come assessore all’Ambiente e già in passato aveva manifestato la sua intenzione di mollare, ma Florido era sempre riuscito a farlo tornare sui suoi passi. Questa volta la bufera politica e le polemiche hanno sconfitto la diplomazia e la mediazione politica. Ma da cosa nasce questa bufera? Dalla ‘questione morale‘ sollevata dall’assessore regionale Pelillo, ma anche dallo stop alla giunta del sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno; in tal senso le dimissioni di Conserva hanno un’unica radice: l’inchiesta ‘Ambiente svenduto‘ condotta dalla procura ionica che, all’indomani delle indiscrezioni di stampa sul coinvolgimento di politici, funzionari pubblici e imprenditori, avrebbe dato il via al toto-indagati. Il massimo riserbo della procura ionica ha scatenato il clima di sospetto che, così, avrebbe fatto saltare i nervi. La testa di Michele Conserva, così, potrebbe essere solo la prima a essere saltata sull’onda del chiacchiericcio. Ufficialmente, infatti, non vi è alcun collegamento tra il lavoro dei magistrati e le dimissioni dell’uomo di Florido.

Le indagini sulla gestione delle discariche e dei rifiuti nel tarantino – che ha portato anche alla scoperta della presunta corruzione tra Girolamo Archinà, ex consulente Ilva, e il perito Lorenzo Liberti – sarebbero oramai agli sgoccioli. Un lavoro iniziato sul finire del 2009 che al momento sarebbe suddivisa in tre filoni potrebbe presto dare risultati al lavoro investigativo condotto dalla Guardia di finanza di Taranto. Diversi e disparati i reati contestati dagli inquirenti. Nel fascicolo, inoltre, potrebbero finire anche le conversazioni telefoniche tra la stampa locale e regionale e i vertici dell’Ilva impegnati a tenere “tutto sotto coperta” secondo la migliore tradizione del “sistema Archinà“. Una situazione, insomma, che ha dato il via alla caccia ai nomi non solo degli indagati, ma anche di eventuali portatori di responsabilità etiche e deontologiche. L’estate calda di Taranto presto finirà, ma l’inizio della stagione autunnale sembra addirittura più torrido dei giorni passati. In una città che chiede la verità anche sui silenzi, la conclusione di due inchieste epocali, potrebbe finalmente raccontare che l’inquinamento ambientale a Taranto non è stato solo frutto delle emissioni inquinanti, ma anche il frutto di una strategia che mirava alla disinformazione.

foto Massimo Todaro

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