Non erano in decine di migliaia come la marea di manifestanti che nel fine settimana si erano riuniti a Città del Messico per contestare l’elezione a presidente del centrista Enrique Peña Nieto che dopo due mandati aveva riportato al potere il Partito rivoluzionario istituzionale (Pri). Ieri erano poche decine gli studenti del movimento #YoSoy132 che davanti alle ambasciate straniere della capitale hanno fatto sentire la loro voce contro le congratulazioni, dicono premature, riservate al vincitore, su cui tuttavia pesano accuse di brogli e compravendita di voti. Trascorse quasi due settimane dal voto del primo luglio non accenna a diminuire lo scontro politico scatenato dal ritorno in sella di un’esponente del Pri, il partito-Stato che per 70 anni ha dominato il Paese, diventando simbolo dei problemi messicani, della corruzione e del malgoverno, scalzato nel 2000 dalla parentesi conservatrice del Partito di azione nazionale.

Il teatro della protesta studentesca sono state le rappresentanze di Francia, Spagna, Argentina, Cile, Ecuador e Uruguay. I manifestanti hanno esortato i diplomatici a informarsi meglio sul processo elettorale e sulle irregolarità tali da poter considerare “irresponsabili “ le “frettolose” congratulazioni riservate a Peña Nieto.

Il principale avversario, il progressista Andrés Manuel López Obrador del Partito rivoluzionario democratico presenterà oggi richiesta di annullamento del voto per “violazione dei principi costituzionali”, Ad annunciarlo è stato in serata il suo portavoce Ricardo Monreal. “Sono stati violati i principi di esattezza, imparzialità, equità, obiettività e professionalità”, ha detto. Il ricorso dovrà essere presentato entro oggi davanti al Tribunale federale elettorale, l’unico abilitato a proclamare i risultati ufficiali del voto entro il prossimo 6 settembre.

Per adesso i dati ufficiali dicono che Peña Nieto ha ricevuto il 38 per cento dei voti, López Obrador si è fermato al 32 per cento e terza con il 25 per cento è arrivata la candidata del partito al governo, Josefina Vázquez Mota. Il divario tra i primi due è di circa 3,3 milioni di voti. Ma Almo, come è abbreviato López Obrador, ha annunciato di aver le prove di almeno 5 milioni di voti comprati dal Pri con soldi e carte prepagate da spendere per esempio nella catena di supermercati Soriana, in un Paese in cui, pur membro del G20, il tasso di povertà e al 47 per cento. La società nega ogni accusa. Ma, come segnala la rivista Proceso (in edicola con il titolo “Elezioni comprate”), proprio nei dieci giorni di polemiche elettorali il gruppo Soriana ha perso il 7 per cento in Borsa e in rete si moltiplicano gli appelli al boicottaggio della catena.

Nella prima conferenza stampa da presidente eletto, Peña Nieto ha voluto difendere la regolarità della sua vittoria, bollando come bugie che non possono essere sostenute da prove le accuse verso di lui. Dopo le prime congratulazioni, anche il capo di Stato uscente, Felipe Calderón, ha sollevato dubbi sulla tornata, definendo “inaccettabile” il voto di scambio e sottolineando che se le irregolarità saranno provate ci si debba muovere di conseguenza. Parole cui tuttavia rischiano di non corrispondere i fatti. Già lunedì il leader del Pan, Gustavo Madero aveva ammesso che pur riconoscendo il risultato del primo luglio, e del riconteggio della scorsa settimana, durante la campagna elettorale e la tornata ci sono state evidenti irregolarità come la compravendita di voti o il superamento dei limiti di spesa. Tuttavia il leader conservatore ha aggiunto che il suo partito non si unirà alla richiesta della sinistra di annullare l’elezione perché provare le irregolarità sarebbe troppo difficile.

di Andrea Pira

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