Ormai è chiaro: per gli studenti universitari il governo Monti ha in serbo una riedizione della mossa Kansas City. Dapprima l’offesa all’onore sferrata dal “pasdaran del merito” Martone: poi, mentre tutti guardano a destra, domani dal Consiglio dei Ministri arriva il colpo segreto, quello che dopo tre giorni muori.

E’ tanto più letale perché abilmente mimetizzato da provvedimento liberale e sacrosanto, grazie alla complicità dei soliti noti. E’ noto agli specialisti come “revisione del valore legale della laurea” e viene effettuato in due tempi.

Innanzitutto, nei concorsi pubblici (nel privato è già così) il voto e il tipo di laurea non faranno più alcuna differenza. Nella pratica, 110 e lode con menzione sarà uguale a 66 e calcio con rincorsa; stessa cosa tra una laurea in scienze politiche e una in fisica subnucleare.

Una volta fatta piazza pulita dei vecchi elementi di valutazione, se ne introduce uno nuovo: si fa preparare all’Anvur una bella ricetta per classificare tutte le università italiane, dalla più entusiasmante alla più tragica, e si assegna un vantaggio a chi si è laureato nell’ateneo più fenomenale. In pratica, nei concorsi i candidati laureati in università “top” partiranno sempre in vantaggio rispetto a candidati magari più bravi ma che hanno seguito i corsi in università un po’ meno meravigliose.

La ricetta sarà un problema: è noto che non esiste alcun sistema diretto per misurare quanto un ateneo sia abile nell’informare, ispirare e stimolare i suoi studenti, e tutti i surrogati mostrano limiti preoccupanti e introducono effetti distorsivi. Inoltre è scientificamente provato che i classificatori, anche se in buona fede, tendono a stilare classifiche che hanno poco a che fare con la qualità e molto con i loro particolari interessi. Ma noi possiamo stare tranquilli perchè nel direttivo dell’Anvur siede un’autentica esperta di ricette, nientemeno che l’autrice del Manuale di Nonna Papera. Cominciate a prenotarvi per l’Università del Gusto!

Ma c’è un altro problema. Già adesso le tasse delle università italiane pubbliche sono le più alte d’Europa dopo quelle di Regno Unito e Olanda. Ma se le lauree avranno valore diverso a seconda dell’ateneo gli studenti cercheranno ovviamente di iscriversi in quelli più quotati, che avranno un surplus di immatricolazioni. Per risolvere questo problema creato ad arte spuntano i soliti Giavazzi, Ichino e compagnia con la loro solita ideona: una volta riformato il valore legale, basterà lasciare liberi gli atenei di aumentare le tasse a piacimento et voilà: la domanda incontra l’offerta, gli atenei buoni si sostengono con le tasse, quelli cattivi chiudono e il mercato è contento. Come bonus abbiamo azzerato l’università pubblica italiana e chiarito una volta per tutte un equivoco: lo studio non è un diritto dei capaci e meritevoli, ma un lussoso privilegio per chi ha il portafoglio gonfio.

Per i testoni che non vogliono rassegnarsi, ci sarà la trappola dei prestiti d’onore o qualche ateneo di serie Z gestito da enti caritatevoli, e finalmente anche noi, nelle università italiane, potremo respirare a pieni polmoni il Profumo della vittoria.

Ps: una reazione di chi non ci sta e un appello di denuncia, aperto alla sottoscrizione.

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