Il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino

“La nave era ingovernabile, è finita in quella secca solo per un puro caso. Naufragio? E’ improprio, più corretto parlare di ammutinamento”. Questo perché prima della dichiarazione di abbandono della nave erano già partite da 15 minuti le operazioni di evacuazione. Ma soprattutto perché una volta abbandonata la nave il comandante della nave ha disobbedito a ordini di superiori che gli dicevano di tornare a bordo. A confermarlo è la stessa Capitaneria di Porto di Livorno che ha registrato le telefonate tra la sala operativa e il comandante della nave che era sceso, praticamente prima ancora che iniziasse la vera e propria evacuazione.

Ecco l’audio di due telefonate tra l’ufficiale operativo della Capitaneria Gregorio De Falco e il comandante Schettino:

Ilfattoquotidiano.it è riuscito a venire in possesso delle comunicazioni via radio con la nave e le tre telefonate che sono intercorse tra la Capitaneria e il comandante del Concordia Francesco Schettino. Via radio, poco prima che la nave affondasse, per due volte, la capitaneria si è messa in contatto con la plancia di comando. “Concordia, è tutto ok?”. “Positivo”, rispondono dalla nave, abbiamo solo un piccolo guasto tecnico. Erano le 21.49, e il Concordia era già sulla secca dove si trova adesso. Cinque minuti dopo, la sala operativa di Livorno sollecita ancora una volta il Concordia: lo fanno perché i carabinieri di Prato gli riferiscono il contatto con un passeggero che parla di problemi e pronuncia la parola naufragio.

“Concordia, chiediamo se da voi è tutto ok”, è ancora la domanda del comandante di turno. “Solo un problema tecnico”. “Ci comunicate la vostra posizione?”. “Abbiamo solo un problema tecnico e non siamo in grado, ma appena risolto vi comunichiamo noi”.

Da quel momento in poi tutte le chiamate verso il Concordia, via radio, resteranno senza risposta, l’equipaggio è sulle scialuppe e non è in grado di rispondere. Alle 0.32 il comandante e già sullo scoglio. “Quante persone ci sono a bordo?”. Risposta: “Due, trecento”. La nave è in realtà piena, sono in 4200, tra passeggeri e equipaggio. Sono trascorsi 40 minuti dall’ordine di evacuazione. “Torno sul ponte, vado a vedere”. Alle 0.42 una seconda telefonata, in cui la capitaneria chiede: “Quanta gente deve scendere”. “Ho chiamato l’armatore e mi dicono che mancano una quarantina di persone”.

Il comandante dei vigili del fuoco di Grosseto dirà al Procuratore che in quel momento il comandante è sugli scogli insieme ad altri ufficiali. “Com’è possibile così poche persone? Ma lei è a bordo?”. “No, non sono a bordo perché la nave sta appoppando, l’abbiamo abbandonata”. “Ma come, ha abbandonato la nave?”, chiede la Guardia Costiera. “No, ma che abbandonata, sono qui”.

All’1.46 la terza telefonata, quella più concitata. In un crescendo di toni. “Parlo con il comandante?”, dice l’ufficiale della Capitaneria. Dopo qualche secondo di pausa. “Sì, sono il comandante. Si sono Schettino”.

“Allora, lei adesso torna a bordo, risale la bigaccina (scaletta, ndr.) e torna a prua e coordina i lavori”. Lui sta in silenzio. L’ufficiale insiste. “Lei mi deve dire quante persone ci sono, quanti passeggeri, donne e bambini e lì coordina i soccorsi”.

Lui: “Sono a bordo…. ma sono qui”. “Comandante questo è un ordine, adesso comando io, lei ha dichiarato l’abbandono della nave e va a coordinare i soccorsi a prua. Ci sono già dei cadaveri”, dice l’ufficiale da Livorno.

Schettino alla parola cadaveri chiede: “Quanti?”. Dall’altro capo: “Dovrebbe dirmelo lei. Cosa vuole fare, vuole andare a casa? Lei ora torna sopra e mi dice cosa si può fare, quante persone ci sono, e di cosa hanno bisogno”. “Va bene, sto andando”.

Ma a quel punto il comandante raggiunge il molo del Giglio e sale su un taxi.

di Emiliano Liuzzi e Diego Pretini

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