Al rientro dalle vacanze, i britannici si sono ritrovati a fare i conti con i propri portafogli. Perché dal primo gennaio le tariffe dei mezzi di trasporto sono aumentate, a livello nazionale, di una media dell’8 per cento, praticamente il doppio rispetto all’inflazione. E la Camera dei Comuni ora lo certifica: Londra è la capitale più cara al mondo – per quanto riguarda metropolitana e autobus – e il Regno Unito svetta fra i primi Paesi in classifica. Così, ora, per le zone 1, 2 e 3 della capitale (il sistema dei trasporti della capitale è diviso in nove cerchi tariffari concentrici) bisogna sborsare 132 sterline al mese, 160 euro al cambio attuale. Una tessera giornaliera per le zone 1, 2, 3 e 4 costa 10,60 sterline: per coprire lo stesso tragitto, a Berlino si pagano 5 sterline, a Los Angeles 3, a Roma 3,50.

A Londra la discussione è ampia. I giornali titolano «Pendolari spremuti come limoni», i sindacati protestano alla stazione di Saint Pancras con tanto di concerti gratuiti per sensibilizzare i viaggiatori. Gli autisti degli autobus e della metropolitana chiedono aumenti di stipendio in vista delle Olimpiadi e la diatriba delle tariffe coinvolge anche i candidati sindaci. A maggio si terranno le elezioni comunali della Grande Londra e lo sfidante dell’attuale sindaco Boris Johnson, quel Ken Livingstone “Il rosso” che tanto ha fatto per la politica inglese, promette di abbassare, se eletto, le tariffe della metropolitana del 7% e quelle degli autobus dell’11%. Ma la questione interessa anche la politica nazionale. Con il leader del Labour Ed Miliband che, dalle colonne del London Evening Standard, va all’attacco della coalizione di governo. «Questa è una diretta conseguenza delle scelte fatte dai Tories e dai Lib-Dems. Ma è anche il frutto delle scelte fatte dal sindaco di Londra».

Intanto, chi può paga. Chi non può, riscopre la bicicletta. Uno studio-shock pubblicato qualche giorno fa metteva in relazione l’aumento dei morti per incidenti in bicicletta – una vera piaga per la capitale – con la crisi economica. In molti non possono più permettersi la Oyster – la tessera sulla quale caricare gli abbonamenti – e quindi scelgono di andare in bicicletta, a proprio rischio e pericolo, questo era il succo della contestata ricerca. Ma la “spremitura” non è solo per chi vive nella capitale. Chi fa il pendolare dalle città vicine è ben più penalizzato. Così da Swindon a Londra si dovranno pagare, in questo 2012, ben 8.047 sterline all’anno, mentre da Bornemouth alla capitale ben 6.480.

Oggi, su molti quotidiani, è apparsa una lettera firmata, fra gli altri, dal ministro ombra dei trasporti Maria Eagle, da Stephen Joseph di Campaign for Better Transport e da Tamsin Omond di Climate for Change. «Questa scelta non farà altro che incrementare la nostra dipendenza dalle automobili. Nel Regno Unito i treni costano il 40% in più rispetto a un Paese equivalente. Abbiamo bisogno di un sistema ferroviario che costi quello che vale, non di più, se vogliamo rispondere alle sfide economiche e ambientali». La soluzione, secondo il Labour, ci sarebbe. Molte aziende di trasporti del Regno Unito hanno i conti economici in attivo. Alcune, come Transport for London, hanno un vero e proprio surplus finanziario. Ecco, allora, per le crescenti spese di manutenzione e per migliorare reti e mezzi, basterebbe usare questi soldi che avanzano, invece che continuare a spremere i pendolari. Ma chi governa non ci sta. Come il sindaco di Londra Johnson, che dice: «Senza gli aumenti tariffari non potremmo rispondere alle sfide del futuro». Così come è una sfida, ora, per Johnson, avviare a concludere l’estensione della linea della metropolitana Northern fino a Battersea – quartiere sempre più “in” nella capitale – e portare a termine la nuova funivia sul Tamigi, che ha uno sponsor importante ma che comunque richiederà anche denaro pubblico. Il primo pilone sul fiume è già stato tirato su. Così come vanno sempre più su le polemiche.

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