Al cantiere Eni di Tazarka, sud-est di Tunisia, dove da più di una settimana sono in corso proteste e presidi davanti ai cancelli, ieri è stata un’alba agitata. Circa alle 6.30 del mattino una quindicina di camionette del reparto antisommossa provenienti in larga parte da Sousse e dintorni sono entrate in azione per sgomberare le strade dai blocchi e permettere ai camion di entrare nella raffineria e svuotare le cisterne. L’impianto infatti a causa della mancata uscita dei prodotti raffinati pare fosse congestionato, bloccando così la produzione. Eni, più volte interpellata, non ha fornito informazioni, ma l’iniziativa pare validare questa ipotesi. Altre conferme sull’inoperosità dell’impianto sono arrivate in serata, dalle testimonianze di alcuni operai.

L’operazione non è sono stata pacifica. Al tentativo di opporsi al passaggio dei camion ci sarebbero state delle cariche “e dei lanci di pietre” da parte degli agenti. Al momento si registrano alcuni contusi lievi e 12 sarebbero le persone arrestate. “I cittadini sono infuriati – rivela a telefono il portavoce dei manifestanti – e faccio fatica a calmarli. Siamo davanti al commissariato, dove ci hanno detto che in giornata saranno rilasciati i fermati”.

I manifestanti che hanno presidiato giorno e notte i cancelli del cantiere, accusano l’azienda italiana di non aver rispettato gli impegni presi al momento della sua installazione a Tazarka. Denunciano danni ambientali e per cessare la protesta hanno chiesto un centinaio di posti di lavoro destinati agli abitanti di Tazarka, sovvenzioni alle famiglie con redditi bassi e un finanziamento per le associazioni che operano in campo sportivo e sociale.

Davanti ai cancelli del cantiere al momento non c’è più nessuno. “Dobbiamo ancora prendere una decisione definitiva su come muoverci – prosegue Ridha Ben Salha – ma vogliamo portare la protesta a Tunisi, davanti alla sede di Eni”.

di Filippo Del Bubba e Alessandro Doranti

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