Potrebbe essere vicina la scelta di Nitto Palma come prossimo ministro della Giustizia. Il magistrato romano è in pole position – tra i suoi avversari più quotati al momento c’è Donato Bruno, presidente della Commissione affari costitituzionali della Camera – e la sua candidatura potrebbe essere ufficializzata nella giornata di giovedì.

Romano, 61 anni, entrato in parlamento nel 2001 con Forza Italia, dal 2008 sottosegretario all’Interno, il possibile successore di Angelino Alfano “promosso” segretario del Pdl è innanzitutto un pasdaran dell’immunità parlamentare. Suo, nel 2002, un emendamento che prevedeva il blocco totale di indagini e processi sui parlamentari per tutta la durata del loro mandato. In pratica, un lodo Alfano esteso a un migliaio di politici italiani. Dovrà ritirarlo, anche per le pressioni interne alla stessa maggioranza di centrodestra, di Udc e An in particolare. Anche perché rischia di sembrare un favore troppo sfacciato all'”amico” Cesare Previti, imputato in diversi procedimenti per corruzione.

E’ lo stesso Palma a prendere il telefono e a informare Previti, che ha una reazione furibonda: “E’ chiaro che ci stiamo facendo ricattare dai democristiani”. Due anni più tardi, la stessa accusa di legiferare ad personam gli viene rivolta apertamente nel dibattito parlamentare sulla riforma della prescrizione, detta anche “salva-Previti”. Nel 2007, un articolo dell’Espresso lo annovera tra i frequentatori delle cene con diversi parlamentari forzisti organizzate dallo stesso Previti nell’attico di pazza Farnese. Dove l’avvocato di Berlusconi si trovava agli arresti domiciliari.

Un falco, insomma. Chi lo conosce racconta che non ama affatto la categoria a cui appartiene, che detesta Magistratura democratica e vede come fumo negli occhi un altro magistrato sceso in politica sul fronte opposto, Antonio Di Pietro. Palma, tra l’altro, è stato sposato con Elvira Dinacci, figlia di Ugo, capo degli ispettori del ministero della giustizia nei primi anni bollenti di Mani pulite. E fino al 1996, lo stesso Palma ha lavorato in via Arenula come vicecapo di gabinetto del ministro Filippo Mancuso, nemico feroce dei magistrati che indagano su Tangentopoli.

Prima di entrare in politica, Nitto Francesco Palma ha lavorato a lungo alla Procura della Repubblica di Roma, alle prese con casi scottanti: l’arresto del mafioso italoamericano Frank Coppola “tre dita”, i Nar, le Brigate Rosse, il processo Moro Ter, l’inchiesta sui fondi sovietici al Pci. Pezzi di storia, come la tragedia di Vermicino, quando, nel 1981, Palma fece arrestare il proprietario del terreno dove si trovava il pozzo artesiano che aveva inghiottito il piccolo Alfredo Rampi.

Da magistrato si è occupato anche di mafia, alla Dna, e dopo la strage di Capaci si è scagliato, in un’intervista al Corriere della Sera, contro quelli, sinistra compresa, che “non volevano Giovanni Falcone superprocuratore, perché era amico di Claudio Martelli (all’epoca ministro della giustizia per il Psi, ndr)”. Grande appassionato di calcio, Palma è stato anche membro del Comitato organizzatore di Italia Novanta, per i mondiali di quell’anno, nonché vicecapo dell’ufficio indagini della Figc. I rumour romani gli attribuiscono amicizie altolocate e varie, da Luigi Abete a Francesco De Gregori, fino al vicecapo della polizia Nicola Cavaliere.

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