Prendi un tema poco conosciuto da politici e giornalisti, condiscilo con un po’ di sensazionalismo, aggiungici alcune imprecisioni (che però risultano fondamentali) e lo “scandalo” è pronto (anche se solo mediatico). Parliamo del caso di “Euthanasia”, un videogame che ha scatenato ieri una ridda di polemiche.

La “denuncia” parte da Klaus Condicio, il web-format di Klaus Davi su YouTube (che produce un numero di comunicati stampa superiore agli effettivi spettatori online). Davi, nell’ultima puntata del programma, ospita la deputata Udc (e pasionaria teo-con) Paola Binetti, alla quale racconta: “Abbiamo intercettato un videogioco che racconta la storia di Shaun Randall, un ex militare che, costretto su una sedia a rotelle, tenta il suicidio. Caduto in coma, viene ricoverato in un ospedale psichiatrico militare dove un terapista decide di assecondarne le esplicite volontà iniettandogli una soluzione che gli sarà fatale”. Non solo, aggiunge Davi, “lo sviluppatore ha annunciato che presto farà uscire il gioco in Dvd anche in Italia”.

Quale può essere il commento dell’onorevole Binetti a questa notizia? “Il gioco propaganda la cultura della morte e per questo non va venduto ai minori – attacca – non escluderei favorisca l’aggressività interiore dei bambini e alimenti forme di bullismo”. Condivide il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella: “È il frutto di un subdolo marketing pro-morte”; non manca Carlo Giovanardi: “Dopo questo, quando un gioco che incita al razzismo, all’antisemitismo?”; e anche il deputato Pd Enrico Gasbarra unisce la sua voce al coro “Il videogioco Euthanasia va fermato immediatamente”.

Eppure, ai deputati, mancano alcune informazioni. In primo luogo il gioco, come scrive “loffio.wordpress.com”, blogger esperto di videogame, “è totalmente amatoriale, semisconosciuto, creato da una persona sola, uscito nel 2010 e di cui pochissimi hanno sentito parlare. Il suo creatore lo ha attualmente ritirato per uscire con una versione riveduta e corretta, che forse diventerà un gioco vero e proprio, ma molto difficilmente vedrà la luce sugli scaffali italiani”.

Vecchio di un anno, quindi, ancora da realizzare e del tutto fuori dai circuiti commerciali. Non solo, come indica Federico Cella sul suo blog sul Corriere.it , “il suicidio assistito porta il protagonista a vivere in un mondo di incubi generato proprio dalla sua scelta di vita (morte). Dunque di fondo c’è una condanna morale della sua scelta”. Il caso, insomma, proprio non c’è. Tranne che non ci sia interesse a volerlo creare, guarda caso, proprio alla vigilia del voto sul biotestamento alla Camera.

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