Calderoli a Pontida mostra la targa del ministero "decentrato"

L’idea era venuta al ministro per la semplificazione Roberto Calderoli durante la campagna elettorale per le amministrative a Milano. E’ il 20 maggio quando il ministro annuncia “una grossa sorpresa che cambierà l’atteggiamento dei milanesi al ballottaggio”: spostare due ministeri a Milano e uno a Napoli, esattamente le due città dove si giocano le partite elettorali più importanti con lo scontro Pisapia-Moratti al Nord e la battaglia de Magistris-Lettieri al Sud . La polemica, non solo con l’opposizione ma soprattutto con l’ala romana del Pdl, Alemanno e Polverini in testa, esplode immediatamente. Dieci giorni dopo Giuliano Pisapia vince le elezioni a Milano e diventa sindaco con il 48 per cento delle preferenze staccando la rivale Letizia Moratti di ben 7 punti. La sconfitta per il Pdl è durissima anche a Napoli dove l’ex pm Luigi de Magistris straccia l’avversario raccogliendo il 65 per cento dei voti.

La reazione della Lega non si fa attendere. I militanti, soprattutto dal web e dai microfoni di Radio Padania chiedono una cosa sola:  “staccare la spina” al governo Berlusconi diventato ormai una zavorra per il Carroccio. L’appuntamento cruciale viene fissato per il 19 giugno, giorno dell’undicesimo raduno di Pontida. Da lì, invoca la base, si riparta “con le riforme” per un serio e definitivo “cambio di passo”. Così, l’idea di trasferire i ministeri al Nord, considerata fino a quel momento un’esca, lanciata insieme ad altre (abolizione dell’ecopass a Milano e della Tarsu a Napoli, solo per fare un esempio) per racimolare il voto degli indecisi e sconfiggere ‘l’islamofilo’ Pisapia, diventa il cavallo di battaglia del Carroccio. E’ il 7 giugno quando Calderoli deposita all’ufficio centrale elettorale della Cassazione la richiesta per una “proposta di legge sulla territorializzazione dei ministeri e delle altre amministrazioni centrali”. E’ Bossi in persona a lanciare la raccolta delle firme dal prato di Pontida: “Ci saremo io e Calderoli se viene anche Maroni, tutto di guadagnato”. La convinzione dei due ministri padani è così forte che Calderoli si presenta sul palco con una targa dorata di un fantomatico Ministero per la semplificazione con sede a Milano (nella foto). “Berlusconi – spiega il senatur alla folla – aveva già firmato il documento poi si è cagato sotto”.

Ma di quali dicasteri si tratta? Non più solo i due annunciati inizialmente. Il 17 giugno Bossi annuncia parte delle richieste che la Lega intende fare non solo a Berlusconi, ma soprattutto a Tremonti, colui che “tiene stretti i cordoni della borsa”. L’obiettivo del Carroccio consiste nell’ottenere il decentramento di quattro ministeri: Lavoro, Semplificazione, Riforme ed Economia. Per quest’ultimo, il Senatur prevede un posto a Monza, a Villa Reale (che oltretutto è già occupata da Claudio Navarra, un imprenditore romano). Dal palco di Pontida, poi, Bossi aggiunge altri due ministeri: Sviluppo economico e Interno . Anche se, visto che raggiunge i 100 anni di storia, il Viminale può restere a Roma “almeno per quest’anno”.

Dopo Pontida, nel Pdl scoppia il caos. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la presidente della Regione Lazio Renata Polverini organizzano una contro-raccolta di firme a sostegno di una mozione che impegni il Parlamento “ad adottare ogni iniziativa, anche di carattere legislativo, affinché vengano confermate le funzioni di Roma Capitale quale centro dell’azione di governo e sede delle istituzioni ad esso correlate anche quale segno tangibile dell’unità nazionale”. Una mozione che, secondo Alemanno può ottenere il “90 per cento dei consensi dei parlamentari di destra e di sinistra”.

Anche Ignazio La Russa, coordinatore Pdl, pur invitando Alemanno e Polverini a “non aprire l’ombrello prima che piova”, sul decentramento dei ministeri è perentorio. Chi dovesse “mettere in discussione il ruolo di Roma troverebbe in me un fiero nemico” anche perché “Roma Capitale è stata fatta da questo governo e da questa maggioranza”. Per il ministro della Difesa, non c’è poi molto da preoccuparsi perché “se il trasferimento dei ministeri comporta una nuova legge”, allora, “il fatto che Bossi abbia parlato di un suo decreto”, vuol dire che si sta parlando solo di “sedi di rappresentanza”.

Ma dopo Pontida è tempo di bilanci anche per i militanti della Lega Nord. Se l’attesa del raduno era stata carica di speranza, i giorni seguenti sono segnati dalla rabbia e dalla delusione. Su internet i leghisti si lasciano andare a riflessioni piene di amarezza. Sul forum dei ‘Giovani padani’ la “sparata” del decentramento dei ministeri non solo è vista come inutile, ma anche “contraria alla linea della Lega, perché promuove assenteismo e sprechi”. Del resto non ci vuole molto a capire che “spostare ministeri – scrive un utente – significa aumentare la spesa pubblica” senza considerare le difficoltà logistiche. “Che facciamo – si chiede un altro militante – licenziamo tutti i romani che lavorano al ministero, resettiamo e assumiamo tutta gente del Nord? Suvvia, è solo uno spot elettorale!”. Insomma, come sentenzia un altro leghista che ci siano 4 ministeri a Milano, “al padano veneto o piemontese probabilmente non gliene frega una mazza”.

Anche i sondaggi dicono chiaramente che la cosiddetta “gente del Nord” ritiene il trasferimento dei ministeri inutile o, ancor peggio dannoso. Ma La Padania, il 22 giugno insiste: “Prende corpo il progetto leghista di capitale reticolare. Ieri Carroccio e Pdl hanno sottoscritto un accordo secondo il quale viene dato il via libera “a costituire sedi di rappresentanza operativa individuate secondo principi di economicità e senza che derivino maggiori oneri a carico dello Stato”.  Tanto rumore per nulla, quindi? No, per il quotidiano leghista si tratta “dell’inizio del processo di decentramento dei ministeri che dovrà realizzarsi a costo zero”. Nulla a che vedere con il “raggiungimento dell’obiettivo annunciato a Pontida, ma solo di un primo passo in quella direzione”. Sarà, ma dopo il primo passo la Lega si è fermata. Ieri, all’appuntamento in via Bellerio dello stato maggiore leghista, sul decentramento dei ministeri, nemmeno una parola. Si vede che alla fine l’ha spuntata la linea del ministro della Cultura Giancarlo Galan. Il trasferimento? “Una puttanata intercontinentale”.

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